lunedì 11 settembre 2017

Clandestini, sgomberi e verità


Parliamo di clandestini, sgomberi e quella che potrebbe essere la verità rispetto la vicenda eclatante accaduta a Roma.

La decisione di procedere ad espellere da un palazzo di Roma indebitamente occupato da famiglie e singoli, che appropriandosene illegalmente avevano trovato, come tanti altri, una precaria sistemazione abitativa.

In particolare le modalità delle operazioni di espulsione sono state argomento di gran risonanza mediatica, ma come troppo spesso accade parte degli aspetti reali della vicenda sono stati nascosti, a malapena accennati o comunque sottaciuti e non chiariti da chi dovrebbe preoccuparsi di informare i cittadini (ovvero gli organi della informazione, considerata uno dei poteri che contribuirebbe al mantenimento dello stato democratico).

Bisogna dare atto che tali organi di informazione ufficiali hanno debitamente evidenziato: che ormai da diversi anni il famigerato palazzo era stato occupato, che lo stesso si trova in zona centralissima della città e appartiene ad una società di capitali.
La stessa società proprietaria avrebbe posto a disposizione di parte delle famiglie occupanti, per alleviarne il disagio, alcune villette di sua proprietà poste ad una cinquantina di kilometri di distanza dalla città, che le operazioni di sgombero hanno causato momenti di estrema tensione e manifestazioni di violenza da parte degli occupanti e della polizia, ecc..

Il principio della razionalità e veridicità dell’informazione, tipico valore socialmente riconosciuto e dovuto dai media, non sembra però sia stato completamente rispettato.

Innanzitutto gli organi di informazione hanno rassicurato i cittadini affermando che l’operazione era stata debitamente prevista secondo un piano generale per gli sgomberi già predisposto dal Ministero degli interni (non solo per la città di Roma, ma per tutto il territorio nazionale?) senza che il contenuto di tale piano venisse minimamente illustrato ad alcuno, senza quindi poter avere conoscenza dei criteri e delle priorità stabilite, quindi anche senza poter giudicare sugli aspetti pratici e morali di tale agire.
 In realtà solo dopo l’avvenuto sgombero si è cominciato a discutere tra i vari poteri per definire i principi di un “piano generale” ed a discutere in merito alla creazione di regole di comportamento e coordinamento.

In pratica il periodo scelto per la messa in funzione di detto piano (agosto), il clamore, forse inaspettato, suscitato dalle operazioni di polizia, il rimpallo di responsabilità per l’accaduto.
Il successivo STOP ad ulteriori sgombri, che di fatto congela, almeno per il momento ogni azione, non hanno permesso di sapere secondo quale criterio si sia deciso di iniziare ad operare con la liberazione dello specifico palazzo e, per esempio, non con la liberazione di altri edifici magari occupati da più tempo.

Il notevolissimo valore del bene immobile in questione  suggerisce ai malpensanti che gli avvenimenti occorsi nulla abbiano a vedere con un piano generale predisposto e ugualmente utilizzabile per tutte le situazioni simili (secondo un principio assolutamente democratico), ma che si sia agito a seguito di pressioni specifiche (da parte di politici od altro) che hanno sollecitato ad agire uno dei poteri presenti nella nostra società (quello burocratichese), visto che il potere politico, temendo di alienarsi troppi consensi si era, almeno ufficialmente, astenuto fino ad oggi.

Altra questione riguarda le considerazioni e la ferma presa di posizione, pro o contro gli sgomberi forzati, dei nostri illuminati politici che troppo spesso motivano i loro pareri senza aver riguardo all'insieme sociale attuale, mostrando così quanto meno una scarsa attenzione e una incompleta visione della realtà, mai oggettivamente descritta e considerata sempre e solo al fine di esigenze elettorali.