venerdì 1 settembre 2017

La politica la società e l’uomo


I racconti delle storie di vita parallele dei comuni cittadini medievali e di quelli moderni, presenti nel sito di Marco, dimostrano in definitiva che nessun cambiamento reale o significativo progresso si sono avuti nei rapporti istintivi tra gli esseri umani e che quasi tutti non sono ancora riusciti a prendere coscienza della loro “vera e nobile” essenza. 

 
Questa, se adeguatamente perseguita e considerata come base comune, con l’ausilio del normale raziocinio, l’integrità morale e l’educazione al suo utilizzo, è idealmente sufficiente a regolare tutti i rapporti di convivenza tra gli uomini.
Da sempre l’organizzazione della società si è solo ottenuta attraverso regole stabilite ed imposte da una maggioranza o da una minoranza in grado di prevaricare e aventi efficacia più o meno cogente a seconda della valenza della stessa maggioranza o minoranza; di fatto tutti i sistemi fino ad oggi adottati per agevolare la convivenza hanno influito sui singoli privilegiandone alcuni a danno di altri e hanno dato per scontato il fatto che i rapporti tra umani dovessero essere naturalmente conflittuali, vista la falsamente presunta immutabile natura “bellicosa” di tutti gli individui.
Per quanto attiene agli aspetti morali dei sistemi normativi regolatori di rapporti sociali creati sino ad oggi basti pensare che le leggi, vigenti in quasi tutte le nazioni, ammettevano fino alla fine del diciannovesimo secolo l’istituto della schiavitù (che peraltro ancora oggi pare sopravvivere in alcuni “particolari” ambiti territoriali) e le leggi odierne contribuiscono a favorire ovunque un eccesso di sperequazione sociale.
Esaminando come oggi si interagisce nell'ambito della società, in Italia ed ovviamente in tutto il mondo “civile” si deve ammettere che la cosiddetta democrazia partecipata, che prevede la esistenza di un certo numero di rappresentanti politici eletti dal popolo ai quali è demandato il compito di legiferare in merito alle regole di convivenza per il bene di tutti, non è stata in grado di favorire un vero sviluppo del potenziale morale e sociale di ciascuno e ha in pratica trascurato il fine primario di educare l’uomo a comportarsi come tale nei confronti di tutti i suoi simili. Si è pertanto riusciti solo ad utilizzare la minaccia di pena come deterrente dei comportamenti aggressivi e quasi nulla si è fatto per favorire concretamente la condivisione e applicazione di principi etici da tutti auspicati, ma ricordati e raramente perseguiti solo da alcuni individui per lo più appartenenti a determinate organizzazioni definite “religiose” aventi scopi morali e quindi considerati solo come principi ispiratori e non regolatori (perché forse gli scopi morali non sono concretamente civili e non possono essere recepiti quale vera base normativa?). 
La stessa pretesa di libertà ed eguaglianza del singolo considerata valore assoluto è di certo non garantita affatto dalla rigida separazione dei poteri (per esempio quella tra il potere legislativo e quello giudiziario) che si è troppo spesso ridotta ad una continua e monotona affermazione di principi e ad una lotta per la affermazione dei privilegi dei singoli organismi esercitanti i poteri; forse oltre che di una separazione si sarebbe dovuto prevedere e statuire una qualche regola di concreta e continua cooperazione e che lo “Stato” non si limitasse solo genericamente a “favorire lo sviluppo” sociale ma che si impegnasse parallelamente a modificare e se necessario abbattere, anche più volte, ogni sistema, organismo o norma che risulti rallentare, ignorare o ostacolare lo sviluppo etico delle singole coscienze. Da troppo tempo si è operato solo promuovendo  riforme e modifiche parziali dello schema organizzativo sociale che, pur tendendo ad ottenere qualche miglioramento funzionale nell'ambito delle singole materie o dei rapporti fra gruppi omogenei di cittadini, sono in pratica servite a sprecare energie, a creare illusioni e di fatto ad impedire ogni forma di “benefica” e costante rivoluzione “globale” del sistema vigente.    

Quando gran parte dei singoli cittadini, conviventi in un qualsiasi ambito territoriale (comune, regione, nazione ecc.) non ritiene opportuno partecipare esprimendo attraverso il voto la propria indicazione relativa ai politici ed ai loro programmi di modifiche legislative (in favore del bene comune?) si deve dedurre che il vigente “sistema” regolatore dei rapporti tra gli uomini nel suo insieme ha fallito: questa è la attuale realtà.