mercoledì 25 ottobre 2017

Pensioni ed Inps

Si discute ormai da tempo in merito alle nostre pensioni ed Inps rispetto la tenuta del sistema pensionistico italiano, malgrado gli interventi restrittivi (a carico dei soliti pensionati) derivanti dalla famigerata legge Fornero cui viene principalmente imputata la colpa di aver ridotto importi e durata delle attuali e future pensioni.

Pensioni ed Inps: aumento dell’età pensionabile proporzionale alla longevità degli Italiani

L’aumento dell’età pensionabile teoricamente si giustifica con la maggiore longevità degli italiani che hanno deciso di voler sopravvivere più a lungo ed il meccanismo automatico di adeguamento determina che si può andare in pensione (per ora) in pratica a 67 anni.
La vita media degli italiani (mediando tra i maschi e le più longeve femmine) è di circa 82 anni, pertanto l’INPS è tenuta a pagare per 15 anni una pensione a fronte dei contributi riscossi dal lavoratore. Si stanno esaminando ovviamente i cosiddetti trattamenti contributivi e non quelli che si possono definire sociali, o altro.
L’importo medio delle pensioni liquidate mensilmente è pari a circa € 900 (novecento) ovviamente vi sono notevoli differenze tra le varie categorie di pensionati e moltissimi percepiscono somme inferiori.
Ipotizziamo un esempio semplificando al massimo ed approssimando per difetto in funzione di rendere accessibile e consentire anche al più sprovveduto, ma volenteroso, di rifarsi i conti.
Se un comune cittadino ha iniziato a lavorare all’età di 26 anni ed ha proseguito fino a 67 anni mantenendo costante una retribuzione netta di € 1000 (mille) mensili alla fine avrà versato, in uno col suo datore di lavoro, nelle casse dell’INPS circa € 158000 (centocinquantotto mila), somme calcolate per sole 12 mensilità e non per 13 o 14 come in realtà.
Presupponendo poi che le somme versate negli anni abbiano potenzialmente fruttato un interesse semplice del 2% annuo il totale teorico dei proventi affluiti al nostro istituto di previdenza dovrebbe essere di almeno € 200.000 (duecentomila), molto di più se si considerassero gli interessi di volta in volta maturati sugli interessi stessi.
Se non esistesse un sistema pensionistico statale ed il lavoratore fosse così oculato da mettere a risparmio la somma mensile di circa € 300 (trecento) per poter vivere dopo i 67 anni senza più lavorare avrebbe a sua disposizione almeno il totale sopra evidenziato pari ad € 1110 (millecentodieci) al mese, salvo imposte presenti e future, per i 15 anni di vita che teoricamente gli restano.
L’INPS paga invece agli stessi lavoratori una pensione di meno di € 900 (novecento) mensili e quindi restituisce in quindici anni solo € 162000 (centosessantaduemila) appropriandosi di circa € 40000 (quarantamila).

Pensioni ed Inps: facciamo due rapidi calcoli

In realtà l’INPS alla fine del periodo dovuto di versamenti dovrebbe aver percepito, nell’arco di 40 anni, sicuramente anche gli interessi sugli interessi annualmente maturati, per altre migliaia di Euro o potrebbe aver investito in immobili da reddito (come largamente fatto in passato) ricavando migliori profitti, superiori al 2% sopra teorizzato; ma forse non è stata capace di gestire investimenti in quanto ente esclusivamente di tipo burocratico senza scopo di lucro.
Il totale dei trattamenti pensionistici comunque erogati ad oggi è di circa 18 milioni di cui 4 milioni non sarebbero di tipo contributivo, ma la consistenza media di queste prestazioni di sostegno sociale è inferiore ad € 400 (quattrocento) mensili.
Lo scandaloso obolo di € 270 (duecentosettanta) mensili, erogati come pensione agli invalidi civili (quelli al 100%) e simili, si spiega forse con il dover mantenere l’esborso totale per prestazioni sociali il più possibile nell’ambito di quanto in pratica viene sottratto ai titolari di trattamento contributivo.
Il nostro ente pensionistico giustifica la sua non brillante situazione economica con il fatto che fino all’anno 2010 (e anche dopo) non tutte le pensioni sono state calcolate seguendo lo stesso metodo contributivo.

Pensioni ed Inps: la scandalosa gestione del patrimonio immobiliare

Ma che fine ha fatto il patrimonio anche immobiliare che era stato accumulato negli anni dall’INPS e che, producendo una adeguata rendita, avrebbe dovuto assicurare la sostenibilità del sistema? I nostri politici o i burocrati da loro stessi delegati per decine di anni non si sono accorti della insostenibilità della situazione?
 E’ stato svenduto tutto per fare cassa e forse anche per far fronte al pagamento delle enormi spese di gestione ordinaria dell’ente pari a oltre 5 miliardi annui?
In proposito è risultato alquanto difficile conoscere (con un semplice click) il numero dei dipendenti dell’INPS sia in servizio che in quiescenza ed il loro trattamento economico privilegiato, vale la pena provarci per rendersene conto.
Qualche numero sembra non soddisfare perfettamente le aspettative e comunque o attraverso il sovvenzionamento statale (sempre provvido e a carico dei contribuenti) o con la eventuale revisione verso il basso dei trattamenti mensili i pensionati di ieri, di oggi, di domani ed i cittadini dovranno continuare a soffrire.
Il tentativo di scegliere tra statalismo e liberismo contestando il monopolio previdenziale all’INPS, proprio in funzione degli indirizzi liberisti comunitari non è risultato percorribile e resta solo da sperare che non si evidenzino impreviste situazioni di crisi ulteriori (banche insegnano) e si possa continuare a campare.
I cosiddetti fondi pensione di oltre oceano, che assicurano trattamenti di fine rapporto e pensioni ben più congrui, gestendo con (prudente) spirito imprenditoriale i risparmi dei lavoratori, si contrappongono alla nostra realtà fatta di contributi obbligatori gestiti dal solito carrozzone burocratico creato e voluto in epoca mussoliniana.