Il caso Visco relativo
alla banca d’Italia ha sollevato molte polemiche: il caso banche si può
rapportare alla peste, malattia che ha flagellato il nostro paese.
Molti secoli orsono, quando l’Italia non si era ancora costituita in nazione gli uomini, in specie i
comuni cittadini che vivevano in contesti urbani, non godevano certo di ottime
condizioni igieniche generali.
Una grande metropoli,
come ad esempio Milano, presentava notevoli carenze nei servizi di pulizia e di
smaltimento dei rifiuti, le fogne per lo più non esistevano e ove presenti
spesso scorrevano a cielo aperto.
Eppure i governanti di
quei tempi pretendevano il pagamento di vari balzelli e tasse che comunque
avevano tra l’altro il fine di assicurare una maggiore cura del decoro urbano e
dell’ambiente, ma troppo spesso ci si limitava alla erezione di monumenti in
genere equestri ed alla manutenzione delle mura di cinta cittadine.
Accadeva quindi che
periodicamente si manifestassero epidemie più o meno gravi, in particolare la
cosiddetta peste, favorita dalla presenza di numerosissimi ratti e propagata
dalla promiscuità in cui vivevano i ceti meno abbienti, tristemente famosa per
causare un gran numero di decessi tra la popolazione.
Ovviamente le conoscenze
medico scientifiche del tempo non potevano individuare esattamente le cause del
fenomeno, ma comunque era usanza che i signori in caso di pestilenza, allo
scopo di proteggersi, si ritirassero nelle loro ville di campagna fuori dalla
confusione, dalla promiscuità cittadina e in parte dalla sporcizia, riuscendo
così spesso a salvarsi.
Il grande Alessandro
Manzoni nel suo più famoso e più letto romanzo che narra le peripezie di un certo
Renzo pone in evidenza che il diffondersi delle epidemie veniva comunemente
imputato alla azione delittuosa dei cosiddetti untori ai quali davano la caccia
popolani e governanti, questi ultimi ben felici di aver facilmente individuato dei
capri espiatori da punire anche con la morte.
Storie di peste e banche: dal passato al presente
In tempi moderni le
grandi città sono sempre afflitte dagli stessi problemi: insufficiente cura del
decoro urbano, pessima manutenzione di strade e fogne, problematiche varie
attinenti allo smaltimento dei rifiuti ed altro.
Per fortuna, grazie alla
migliorata condotta igienica dei cittadini e al progresso della medicina non si
verificano più epidemie di peste o simili, anche se qualche caso sporadico di
pandemia, sia pur d’altro vario tipo e meno pericolosa, talvolta si continua a
manifestare proprio per mancanza di adeguate condizioni igienico sanitarie.
Il ricorso alla figura
dell’untore cui imputare la colpa di ogni conseguenza delle malefatte
attribuibili all'operato dei governanti in carica è peraltro rimasto come pratica
gradita a tutto il nostro establishment.
Di recente in campo
economico, o meglio nel settore bancario, si sono evidenziate epidemie
gravissime che hanno distrutto i risparmi e le capacità economiche di migliaia
di individui, clienti di alcune banche fallite.
Per curare tali epidemie
che rischiavano di far morire quasi tutte le banche il governo (quindi noi
contribuenti) ha per ora dovuto spendere 20 o più miliardi, ma non tutti sono
guariti e molte piaghe restano da curare.
Il nostro ex premier
Renzi, che poteva apparire coinvolto, per vari noti motivi, nelle vicissitudini
di almeno uno degli istituti incriminati si è affrettato, di fatto, a formulare
l’accusa di untore ad un altro soggetto: la Banca d’Italia, ente autonomo che
con i suoi poteri di controllo è appositamente incaricato di vigilare sulla
salute e sull'operato degli stessi istituti di credito e quindi quanto meno
dovrebbe essere corresponsabile dell’accaduto.
Nessuna gogna e nessun
patibolo ha subito l’untore additato, anzi il rappresentante a capo di tale
ente di controllo è stato rapidissimamente e senza dubbi delegato per altri sei
anni quale controllore del sistema bancario italiano.
Ci si può solamente
immaginare di quale potere siano realmente titolari la banca d’Italia e le
banche in genere che, in accordo con tutte le massime cariche dello stato, hanno
potuto di fatto infischiarsene di accuse formulate apertamente da un ex primo
ministro capo del governo e attuale segretario del partito di maggioranza.
E’ pur vero che, forse
solo per calmare le proteste delle migliaia di risparmiatori rovinati, è stata
nominata una commissione di inchiesta parlamentare delegata ad indagare sulle
attività delle banche coinvolte, ma nessuna accusa specifica è stata formulata
e, visti i precedenti, si ha ragione di temere che la ratio di tale nomina
abbia semplicemente scopo dilatorio, atto a far cessare il clamore attuale.
Non dimentichiamoci poi
che la funzione giudicante della commissione potrebbe di fatto assorbire quella
della magistratura sottraendo alla giustizia ordinaria gli autori di eventuali
malefatte.
L’autorità di vigilanza
si è affrettata a depositare agli atti della stessa commissione parlamentare
una relazione di ben 4.000 (quattromila) pagine, certamente illustrante la
regolarità ed il numero dei controlli eseguiti, le pagine non sembra siano state
comunque rese pubbliche e i tempi per esaminarle non saranno certamente brevi.
Ci aspettano a breve
nuove elezioni, uno stop forzato delle indagini parlamentari è prevedibile,
indipendentemente dalla volontà di proseguirle seriamente e di giungere a delle
conclusioni plausibili, chissà quando (o meglio se) sarà fatta chiarezza?
Ma se tutte le ispezioni
ed i controlli previsti sono stati regolarmente eseguiti, come a priori in
linea di massima sembrerebbe essere stato fatto, vista la immediata riconferma
alla cieca dei vertici dell’organo controllante, non sorge allora il dubbio che
il sistema di controllo non funzioni e sia da cambiare?
Oppure è stata la
interessata volontà politica (in questo caso probabilmente bipartisan) che ha
favorito i dissesti nei bilanci delle banche?
Tutti gli organi di
informazione, anche quelli specializzati nelle questioni economiche si limitano
considerare come per lo più dovuto alla massa di crediti deteriorati il momento
di difficoltà in cui versano di fatto tutti gli istituti di credito.
Non si tiene conto
peraltro che queste sofferenze sono per lo più una conseguenza della cattiva
gestione sulla quale doveva vigilare l’organo di controllo; è come se in un
caso di assassinio le indagini si limitassero ad accertare che a provocare la
morte della vittima è stato un proiettile, senza ritenere di dover indagare
oltre per individuare chi e perché abbia sparato!