Salvo novità inaspettate
sembra che si sia ormai completamente definita la rosa dei concorrenti (partiti
e coalizioni) che si presenteranno alle prossime elezioni politiche, vediamo i
programmi e soprattutto che benefici ne trarrà la finanza del nostro stato.
Forse solo alcune liste
minori, da sempre e solo create per fini strumentali e/o di appoggio, restano
ancora in via di determinazione.
I cittadini elettori
dovranno scegliere quindi tra una coalizione di centrodestra una coalizione di
centrosinistra, un raggruppamento minore dichiaratamente di sinistra, un
singolo partito avente aspettativa maggioritaria denominato Movimento 5 stelle.
Resta dubbia la
possibilità che possano esservi altri concorrenti in grado di raggiungere e superare
il limite di consensi del 3% per ottenere la nomina di propri rappresentanti parlamentari,
visto quanto prescritto dalla attuale legge elettorale.
Come già da molti
ipotizzato si è concretizzata una rosa di concorrenti simile a quella di
recente formatasi in occasione delle elezioni
regionali siciliane.
Si può ritenere inoltre
assai probabile che l’altro grande partito, quello degli astensionisti,
risulterà come al solito decisamente il più votato; cerchiamo pertanto di
considerare anche i motivi di tanta disaffezione per la politica.
Elezioni
politiche 2018: i programmi politici
Per prima cosa bisogna
osservare che i programmi delle formazioni politiche più rappresentative sono
in effetti simili tra loro e poco innovativi rispetto al passato.
Evidenziamo per primo ed
a grandi linee il contenuto delle varie promesse elettorali:
il centrodestra promette genericamente di
portare al livello minimo di mille Euro tutte le pensioni degli italiani (vale anche
per i miseri sussidi di invalidità al 100% e simili?); di rivederne i limiti di
anzianità per poterne fruire prima modificando le previsioni della attuale
legge Fornero; di mostrare i muscoli nei confronti dei partner europei per
contrastare le limitazioni imposte dalla finanza internazionale al nostro libero sviluppo; di diminuire il carico fiscale ecc.
Il centrosinistra, di fatto attuale
responsabile e governante, pone in evidenza quanto già fatto in favore dei
redditi di alcuni cittadini attraverso i vari incentivi e bonus elargiti e promette
nuovi provvedimenti simili.
Il Movimento 5 stelle
promette di creare l’istituto del cosiddetto reddito di
cittadinanza (in realtà
non sotto forma di vero e proprio reddito di cittadinanza, ma di sussidio
universale per i cittadini inoccupati), di essere disposto a rivedere quanto
previsto dalla legge Fornero nonché di voler anch'esso mostrare i muscoli nei
confronti dei partner europei per contrastare le limitazioni imposte dalla finanza
internazionale al nostro libero sviluppo; di diminuire il carico fiscale ecc.
Il raggruppamento di
sinistra oltre a contrastare quanto stabilito dalla legge Fornero, porta avanti
in particolare la propria battaglia per il ripristino di alcuni diritti dei
lavoratori lesi dalla vigente nuova normativa (volendo ripristinare l’art. 18 dello
statuto dei lavoratori), auspica miglioramenti in favore dei meno abbienti e
una eventuale più equa redistribuzione del reddito disponibile.
Dalle promesse elettorali ai possibili risvolti
della copertura finanziaria
Tutti i programmi
ipotizzati, a detta dei loro promotori potrebbero trovare una copertura
finanziaria adeguata, malgrado la difficile situazione di bilancio in cui versa
la nostra Italia.
In realtà se, come è
prevedibile, il nostro PIL non si metterà inaspettatamente a incrementarsi fino
a crescere al ritmo del 3% annuo non è ben chiaro come i nuovi governanti
troveranno le maggiori disponibilità necessarie per mantenere le promesse
elettorali.
La preventivata
abolizione di vitalizi vari e pensioni d’oro, vista la realtà delle scarse
cifre globali in ballo, restano simbolici provvedimenti atti solo a calmare gli
animi dei meno abbienti e a ricercare qualche voto in più.
Una vera spending rewiew
che dovrebbe anche avere il compito di individuare le necessarie modifiche e
snellimenti delle procedure degli organi esecutivi non è mai stata impostata e
sembrerebbe mai veramente voluta, nonché impossibile a causa delle enormi
resistenze contro ogni cambiamento fatte dagli stessi apparati burocratici e
dai gruppi di potere che da tempo sembrano prevalere nei confronti dei politici.
Spesso i governanti
trovano nella complessità degli adempimenti previsti dalla burocrazia una
agevole scusante per i propri ritardi ed errori (quale esempio si ricorda
quanto apertamente dichiarato dalle massime cariche dello stato in merito ai ritardi
nelle operazioni di ricostruzione delle località colpite dall'ultimo
terremoto).
Ma questa cosiddetta
burocrazia non è un organo indipendente e separato dello stato ed è così
strutturata per volontà del legislatore che potrebbe, ma evidentemente non
vuole, cambiarne rapidamente la organizzazione stessa rendendola più flessibile
e meno costosa.
Vi sono poi da evidenziare
le conseguenze immanenti delle clausole di salvaguardia che il governo si è
impegnato ad applicare nel caso in cui si evidenziassero parametri
insufficienti a garantire il previsto equilibrio tra attivo e passivo del
bilancio italiano; sono provvedimenti che aggraverebbero gli oneri dei singoli
in favore del solo mantenimento dello status quo.
I cittadini elettori
hanno percepito che, pur se armati delle migliori intenzioni, gli stessi
(pochi?) politici che non antepongono i propri privilegi al bene comune non
potranno modificare senza innovare veramente e di innovare non ne parlano in
molti.
Per tale motivo chiunque
abbia proposto di rottamare o comunque cambiare persone, procedure o cose è
stato subito osannato e gratificato dal consenso generale, ma non avendo potuto
o voluto perseguire tale scopo fino in fondo, lo stesso ha perso il consenso.
Proprio a causa di questa
esigenza di cambiamento, non perseguita dai politici, cominciano a svilupparsi
opposti gruppi estremisti che hanno programmi e metodologie operative ben
differenti da quelli ammissibili nell'ambito di uno stato di diritto.