martedì 23 gennaio 2018

Mediterraneo e politica

Di recente si è rilevato che il presidente Gentiloni si è occupato con una notevole assiduità di questioni attinenti alla cosiddetta politica estera.

Si è avuta notizia di vari colloqui tenuti con rappresentanti di primo piano di altre nazioni europee e non; sono state prese inoltre decisioni che coinvolgono anche i nostri apparati militari in missione all’estero.

Cerchiamo di capire perché il Presidente del Consiglio si stia di fatto prodigando nel seguire personalmente e con particolare intensità queste relazioni con paesi esteri, senza delegare il competente ministro e pur essendo al termine della legislatura ed in piena campagna elettorale.

E’ interessante poter individuare in cosa potrebbero consistere le eventuali variazioni dello scacchiere geopolitico, analizzando oggettivamente quanto sta avvenendo.
Risalta infatti tra le altre la notizia dell’incontro tra il nostro premier e quello russo Putin in cui si sarebbe discusso prevalentemente di questioni attinenti la Libia (così è stato riferito dai media).

Ma cosa si siano detti in merito i due statisti non è stato debitamente comunicato e/o chiarito: in effetti non si hanno notizie di un possibile coinvolgimento diretto della Russia nella difficile e confusa situazione interna della Libia stessa.

E’ facile pensare che la politica sovietica nello scacchiere mediterraneo potrebbe essere favorevole ad un coinvolgimento (anche militare se giustificato dalla necessità di combattere l’Isis) in un paese posto a poche miglia dai confini meridionali del blocco degli stati membri della Nato.

In passato la politica interventista nei confronti del regime del famigerato Gheddafi, avente lo scopo evidente di tutelare gli interessi petroliferi occidentali, assai rilevanti e presenti in buona parte del paese dallo stesso a suo tempo governato, è stata attuata principalmente da Francia e Inghilterra in accordo con gli Stati Uniti e con nostro scarso appoggio solo esterno.

Oggi si devono prendere in considerazione da un lato la volontà di Trump di ripudiare le precedenti politiche interventiste, giustificata da motivi di convenienza economica e dall’altro le conseguenze della brexit che facilmente porteranno ad un ridimensionamento degli eventuali impegni a suo tempo concordati per la Libia, con conseguente necessità di dover trovare una alternativa di sostentamento per quella parte del regime di governo locale che per ora continua a favorire di fatto noi europei.

Quindi lo schieramento di truppe italiane nel vicino e tormentatissimo Niger, di recente attuato, potrebbe avere avuto lo scopo di consentire ai militari francesi, già ivi presenti in gran numero, più ampi margini di manovra in altri territori ove ciò occorresse.

I numerosi colloqui del nostro presidente del consiglio con Macron e con Putin e quelli diretti fra Francia e Russia potrebbero essere serviti da un lato a voler favorire la sostituzione di un tutor oggi assai riluttante (America) con un altro più entusiasta (Unione Sovietica) e dall’altro a volersi assicurare la possibilità di intervenire con minimo sforzo in favore di investimenti italiani e non, coinvolgenti imprese da tempo operanti in Libia, qualora venisse meno ogni appoggio britannico.

Si deve considerare, oltre alla valenza strategica dei territori che si affacciano a sud del mediterraneo, il loro potenziale economico, costituito dalle riserve di materie prime, presenti peraltro anche in molte nazioni con questi confinanti più a sud (tra cui lo stesso Niger) e quindi la necessità assoluta di mantenere un costante ed efficace controllo sui regimi locali e in definitiva sull’intera zona nord africana per poter attingere oggi ed in futuro a tali riserve.

I nuovi indirizzi di politica estera degli USA, come detto volti al disimpegno, potrebbero non consentire rapidi (necessari) interventi militari con l’utilizzo di forze aeree e/o basi americane, come avvenuto in passato e pertanto si può comprendere il motivo della aumentata attività diplomatica di Francia, Italia e della stessa Germania per individuare eventuali nuovi partner e accordi sul futuro assetto della Libia e dei paesi limitrofi della stessa area mediterranea.


Anche l’incontro in pratica contemporaneo tra Gentiloni ed il premier di Egitto (paese che per posizione e numero di abitanti risulta automaticamente coinvolto in ogni variazione strategica della predetta area) è altro elemento che favorisce la tesi interpretativa sopra ipotizzata e descritta.