Di recente si è rilevato
che il presidente Gentiloni si è occupato con una notevole assiduità di
questioni attinenti alla cosiddetta politica estera.
Si è avuta notizia di
vari colloqui tenuti con rappresentanti di primo piano di altre nazioni europee
e non; sono state prese inoltre decisioni che coinvolgono anche i nostri
apparati militari in missione all’estero.
Cerchiamo di capire
perché il Presidente del Consiglio si stia di fatto prodigando nel seguire
personalmente e con particolare intensità queste relazioni con paesi esteri,
senza delegare il competente ministro e pur essendo al termine della
legislatura ed in piena campagna elettorale.
E’ interessante poter
individuare in cosa potrebbero consistere le eventuali variazioni dello scacchiere
geopolitico, analizzando oggettivamente quanto sta avvenendo.
Risalta infatti tra le
altre la notizia dell’incontro tra il nostro premier e quello russo Putin in
cui si sarebbe discusso prevalentemente di questioni attinenti la Libia (così è
stato riferito dai media).
Ma cosa si siano detti in
merito i due statisti non è stato debitamente comunicato e/o chiarito: in
effetti non si hanno notizie di un possibile coinvolgimento diretto della
Russia nella difficile e confusa situazione interna della Libia stessa.
E’ facile pensare che la
politica sovietica nello scacchiere mediterraneo potrebbe essere favorevole ad
un coinvolgimento (anche militare se giustificato dalla necessità di combattere
l’Isis) in un paese posto a poche miglia dai confini meridionali del blocco
degli stati membri della Nato.
In passato la politica
interventista nei confronti del regime del famigerato Gheddafi, avente lo scopo
evidente di tutelare gli interessi petroliferi occidentali, assai rilevanti e
presenti in buona parte del paese dallo stesso a suo tempo governato, è stata
attuata principalmente da Francia e Inghilterra in accordo con gli Stati Uniti
e con nostro scarso appoggio solo esterno.
Oggi si devono prendere
in considerazione da un lato la volontà di Trump di ripudiare le precedenti
politiche interventiste, giustificata da motivi di convenienza economica e
dall’altro le conseguenze della brexit che facilmente porteranno ad un
ridimensionamento degli eventuali impegni a suo tempo concordati per la Libia,
con conseguente necessità di dover trovare una alternativa di sostentamento per
quella parte del regime di governo locale che per ora continua a favorire di
fatto noi europei.
Quindi lo schieramento di
truppe italiane nel vicino e tormentatissimo Niger, di recente attuato,
potrebbe avere avuto lo scopo di consentire ai militari francesi, già ivi
presenti in gran numero, più ampi margini di manovra in altri territori ove ciò
occorresse.
I numerosi colloqui del
nostro presidente del consiglio con Macron e con Putin e quelli diretti fra Francia
e Russia potrebbero essere serviti da un lato a voler favorire la sostituzione
di un tutor oggi assai riluttante (America) con un altro più entusiasta (Unione
Sovietica) e dall’altro a volersi assicurare la possibilità di intervenire con
minimo sforzo in favore di investimenti italiani e non, coinvolgenti imprese da
tempo operanti in Libia, qualora venisse meno ogni appoggio britannico.
Si deve considerare,
oltre alla valenza strategica dei territori che si affacciano a sud del mediterraneo,
il loro potenziale economico, costituito dalle riserve di materie prime, presenti
peraltro anche in molte nazioni con questi confinanti più a sud (tra cui lo
stesso Niger) e quindi la necessità assoluta di mantenere un costante ed
efficace controllo sui regimi locali e in definitiva sull’intera zona nord
africana per poter attingere oggi ed in futuro a tali riserve.
I nuovi indirizzi di
politica estera degli USA, come detto volti al disimpegno, potrebbero non
consentire rapidi (necessari) interventi militari con l’utilizzo di forze aeree
e/o basi americane, come avvenuto in passato e pertanto si può comprendere il
motivo della aumentata attività diplomatica di Francia, Italia e della stessa Germania
per individuare eventuali nuovi partner e accordi sul futuro assetto della
Libia e dei paesi limitrofi della stessa area mediterranea.
Anche l’incontro in
pratica contemporaneo tra Gentiloni ed il premier di Egitto (paese che per
posizione e numero di abitanti risulta automaticamente coinvolto in ogni variazione
strategica della predetta area) è altro elemento che favorisce la tesi
interpretativa sopra ipotizzata e descritta.