sabato 10 febbraio 2018

Banche: commissioni e conclusioni


La problematica relativa alle recenti crisi bancarie, ricordata anche in sede di dibattito elettorale e le diverse commissioni chiamate a verificare è un argomento che sarebbe meglio chiarire e semplificare per trarne le giuste conclusioni.

Riassumiamo per sommi capi quanto evidenziato dalla relazione della commissione di inchiesta parlamentare che ha pubblicato a fine gennaio 2018 le sue conclusioni e annotiamo che sono state predisposte anche  altre relazioni di minoranza, di cui non si terrà mai conto se non in sede politica.

Come prevedibile (vds. la ns. precedente nota storia di peste e banche) la commissione ha in primis individuato genericamente una serie di motivazioni che hanno portato il sistema bancario alla crisi e alcune banche al tracollo.

Si è accertato quanto segue: la recessione che ha interessato tutti i mercati finanziari europei dal 2009 al 2015, derivante dal precedente crollo dei valori dei titoli speculativi presenti nel mercato americano avrebbe colto di sorpresa i nostri istituti bancari nel momento in cui cercavano di espandersi (vi ricordate quante nuove agenzie bancarie sorgevano ad ogni angolo di strada?).

La stessa crisi ha coinvolto anche le aziende commerciali e ha reso più volatili le possibilità di rimborso dei crediti bancari ottenuti e ciò non è stato rilevato nei giusti tempi dalle stesse banche, già alle prese con una precedente eccessiva mole di tali crediti deteriorati.

In merito agli affidamenti concessi si è evidenziato che questi (in tutte le banche) sono eccessivamente concentrati nei riguardi di grandi imprenditori in specie del settore immobiliare.

La governance (gli amministratori) delle banche fallite o in crisi non ha saputo comprendere la gravità della situazione ed esperire azioni pronte ed efficaci dimostrando di non essere sufficientemente qualificata per svolgere il proprio incarico.

Anzi la stessa governance per affrontare la crisi di liquidità è ricorsa (non è specificato se fraudolentemente) all'uso di mezzi finanziari quanto meno scorretti provvedendo a ricercare danari attraverso la vendita di obbligazioni subordinate alla clientela retail (i poveri risparmiatori truffati).

Quanto sopra appariva già sufficientemente noto e conosciuto e non necessitava certo di ulteriore puntualizzazione da parte dei commissari appositamente delegati dal parlamento.

Dopo aver così chiarito la dinamica storica degli avvenimenti gli stessi commissari, attraverso numerose audizioni hanno cercato di individuare eventuali mancanze e/o difetti del sistema di controllo che doveva essere stato previsto proprio per evitare quanto accaduto.

Banca d’Italia e Consob sono state debitamente audite e la commissione ha determinato che vi sono stati comportamenti non proprio corretti e che vi è stato un malfunzionamento della vigilanza dovuto in rilevante parte a scarso coordinamento tra i controllori medesimi.

Di fatto il sistema di verifica non ha funzionato sia per demerito degli addetti ai controlli (guarda caso gli stessi ispettori, dopo le loro ispezioni venivano spesso assunti, con incarichi dirigenziali e alti stipendi, dagli istituti in precedenza controllati), sia perché gli amministratori delle banche non hanno fornito notizie esatte nel corso delle ispezioni.

Consideriamo che la relazione della commissione di inchiesta è stata in pratica divisa in tre parti, la prima di accertamento dei fatti, la seconda di verifica del funzionamento e/o comportamento della vigilanza e la terza dedicata alla individuazione dei mezzi atti ad impedire il ripetersi di quanto accaduto.

Se si può giudicare pleonastico ricordare le cause (si ripete a tutti note) che hanno innescato la crisi è anche del tutto inutile aver accertato che il sistema, previsto per tutelare la nazione e i cittadini dal verificarsi di quanto si è verificato, non ha funzionato come avrebbe dovuto.

Ed in definitiva, nella relazione della commissione, si suggerisce di aumentare i poteri dei controllori senza considerare anche la necessità di variare incisivamente le strutture stesse (Consob e Banca d’Italia), il loro modus operandi oltre che le persone che non hanno compiuto il loro dovere.

E’ come se si premiassero tali costosissimi e potentissimi organismi ed i loro responsabili che non hanno agito correttamente.

In conclusione nella battaglia tenutasi in commissione parlamentare tra cittadini risparmiatori, stato ed organismi di controllo (che non hanno controllato) hanno in realtà vinto questi ultimi.

Era impossibile che potesse essere seriamente messa in discussione da parte di un qualsiasi organismo politico la primazia del potere finanziario che ormai si è affermata a livello mondiale e riesce condizionare i comportamenti delle nazioni attraverso la minaccia della perdita dei (pochi) privilegi economici di cui godono i cittadini comuni.

Solo per nota finale, a sostegno della precedente affermazione, si evidenzia che da poco si ritorna a parlare di difficoltà del mercato azionario (inspiegabili visto l’andamento della economia reale), di crisi e di spread, tali voci alimentano timori, desiderio di sostenere il mantenimento dello status quo e la tendenza ad affermarsi delle istanze politiche conservatrici nelle varie competizioni elettorali.