La problematica relativa
alle recenti crisi bancarie, ricordata anche in sede di dibattito elettorale e le diverse commissioni chiamate a verificare è
un argomento che sarebbe meglio chiarire e semplificare per trarne le giuste conclusioni.
Riassumiamo per sommi
capi quanto evidenziato dalla relazione della commissione di inchiesta parlamentare
che ha pubblicato a fine gennaio 2018 le sue conclusioni e annotiamo che sono
state predisposte anche altre relazioni
di minoranza, di cui non si terrà mai conto se non in sede politica.
Come prevedibile (vds. la
ns. precedente nota storia di peste e banche) la commissione ha in primis individuato
genericamente una serie di motivazioni che hanno portato il sistema bancario
alla crisi e alcune banche al tracollo.
Si è accertato quanto
segue: la recessione che ha
interessato tutti i mercati finanziari europei dal 2009 al 2015, derivante dal
precedente crollo dei valori dei titoli speculativi presenti nel mercato
americano avrebbe colto di sorpresa i nostri istituti bancari nel momento in
cui cercavano di espandersi (vi ricordate quante nuove agenzie bancarie
sorgevano ad ogni angolo di strada?).
La stessa crisi ha
coinvolto anche le aziende commerciali e ha reso più volatili le possibilità di
rimborso dei crediti bancari ottenuti e ciò non è stato rilevato nei giusti
tempi dalle stesse banche, già alle prese con una precedente eccessiva mole di
tali crediti deteriorati.
In merito agli
affidamenti concessi si è evidenziato che questi (in tutte le banche) sono
eccessivamente concentrati nei riguardi di grandi imprenditori in specie del
settore immobiliare.
La governance (gli
amministratori) delle banche fallite o in crisi non ha saputo comprendere la
gravità della situazione ed esperire azioni pronte ed efficaci dimostrando di
non essere sufficientemente qualificata per svolgere il proprio incarico.
Anzi la stessa governance
per affrontare la crisi di liquidità è ricorsa (non è specificato se fraudolentemente)
all'uso di mezzi finanziari quanto meno scorretti provvedendo a ricercare
danari attraverso la vendita di obbligazioni subordinate alla clientela retail
(i poveri risparmiatori truffati).
Quanto sopra appariva già
sufficientemente noto e conosciuto e non necessitava certo di ulteriore
puntualizzazione da parte dei commissari appositamente delegati dal parlamento.
Dopo aver così chiarito
la dinamica storica degli avvenimenti gli stessi commissari, attraverso
numerose audizioni hanno cercato di individuare eventuali mancanze e/o difetti
del sistema di controllo che doveva essere stato previsto proprio per evitare
quanto accaduto.
Banca d’Italia e Consob
sono state debitamente audite e la commissione ha determinato che vi sono stati
comportamenti non proprio corretti e che vi è stato un malfunzionamento della
vigilanza dovuto in rilevante parte a scarso coordinamento tra i controllori
medesimi.
Di fatto il sistema di
verifica non ha funzionato sia per demerito degli addetti ai controlli (guarda
caso gli stessi ispettori, dopo le loro ispezioni venivano spesso assunti, con
incarichi dirigenziali e alti stipendi, dagli istituti in precedenza
controllati), sia perché gli amministratori delle banche non hanno fornito
notizie esatte nel corso delle ispezioni.
Consideriamo che la
relazione della commissione di inchiesta è stata in pratica divisa in tre
parti, la prima di accertamento dei fatti, la seconda di verifica del
funzionamento e/o comportamento della vigilanza e la terza dedicata alla
individuazione dei mezzi atti ad impedire il ripetersi di quanto accaduto.
Se si può giudicare
pleonastico ricordare le cause (si ripete a tutti note) che hanno innescato la
crisi è anche del tutto inutile aver accertato che il sistema, previsto per
tutelare la nazione e i cittadini dal verificarsi di quanto si è verificato,
non ha funzionato come avrebbe dovuto.
Ed in definitiva, nella
relazione della commissione, si suggerisce di aumentare i poteri dei
controllori senza considerare anche la necessità di variare incisivamente le
strutture stesse (Consob e Banca d’Italia), il loro modus operandi oltre che le
persone che non hanno compiuto il loro dovere.
E’ come se si premiassero
tali costosissimi e potentissimi organismi ed i loro responsabili che non hanno
agito correttamente.
In conclusione nella
battaglia tenutasi in commissione parlamentare tra cittadini risparmiatori,
stato ed organismi di controllo (che non hanno controllato) hanno in realtà
vinto questi ultimi.
Era impossibile che
potesse essere seriamente messa in discussione da parte di un qualsiasi
organismo politico la primazia del potere finanziario che ormai si è affermata
a livello mondiale e riesce condizionare i comportamenti delle nazioni
attraverso la minaccia della perdita dei (pochi) privilegi economici di cui
godono i cittadini comuni.
Solo per nota finale, a
sostegno della precedente affermazione, si evidenzia che da poco si ritorna a
parlare di difficoltà del mercato azionario (inspiegabili visto l’andamento
della economia reale), di crisi e di spread, tali voci alimentano timori,
desiderio di sostenere il mantenimento dello status quo e la tendenza ad affermarsi
delle istanze politiche conservatrici nelle varie competizioni elettorali.