Solo pochi giorni or sono
avevamo avuto la quasi certezza che, salvo imprevisti dell'ultimo minuto,
l’Italia sarebbe stata governata da un governo di tregua o del presidente,
ovvero non direttamente nominato dai rappresentanti eletti dal popolo.
L’imprevisto si è
verificato e sembra che tra il movimento cinque stelle e la lega si stia
finalmente dialogando fattivamente per giungere alla formazione di una
compagine governativa di tipo politico e non solo tecnico o di tregua come
detto.
Il leader dei cinque
stelle ha fatto un passo indietro, giungendo a dichiarare, sia pur
genericamente, di non aver preclusioni di principio sui componenti e sulla
coalizione di centrodestra.
Il leader della lega ha
fatto un passo in avanti dichiarandosi disposto a formare una maggioranza (a
due), senza che al governo dovessero partecipare per forza, quali ministri e/o
responsabili, altri membri degli altri partiti che si erano con lui presentati
unitariamente alle elezioni.
Il leader di Forza Italia
ha fatto un passo di lato, affermando che il suo partito, considerata la
attuale situazione, può benissimo rinunciare ad avere propri rappresentanti tra
i nominati a governare.
Il (anzi la) leader di
fratelli d’Italia ha nella realtà fatto un simile passo laterale, forse considerando
anch’essa la reale situazione e il numero non preminente dei suoi eletti.
Nel contempo la stessa
coalizione di centrodestra non si deve considerare sciolta e, per esplicito
accordo tra i vari leader dei gruppi politici che ne fanno parte, deve ancora
ritenersi vigente.
Tutte le attività politiche
in essere (governi regionali, comuni, comunità ed enti vari territoriali ecc.)
continueranno ad essere dirette dagli stessi rappresentanti già eletti ed
insediati: è in pratica come se gli attuali alleati avessero permesso alla lega
di cedere un ramo di azienda per gestire in autonomia il governo del paese.
Dal punto di vista
politico si tratta di un compromesso che sicuramente salva le poltrone di tutti
i neo eletti, mentre, dal punto di vista operativo, il nuovo governo composto
da lega e movimento cinque stelle dovrebbe procedere nelle proprie decisioni
vincolandosi al fine (unico?) di poter realizzare i punti programmatici comuni,
così come saranno concordati ed evidenziati in un apposito contratto di
governo.
Per definire i termini di
tale contratto è stato richiesto al presidente della repubblica di soprassedere
alla nomina di un governo tecnico o di garanzia (già dallo stesso preannunciata)
e di attendere ancora.
L’attuale governo
tedesco, ove convivono al potere due partiti con diverse ideologie politiche,
che hanno siglato un contratto di governo, è l’esempio cui in special modo fa
riferimento il leader del movimento cinque stelle, ma i termini di tale
contratto sono stati puntigliosamente perfezionati in circa sei mesi di
trattative e noi non abbiamo così tanto tempo, anche perché le elezioni in
Italia si sono tenute già da oltre due mesi.
Resta il fondato dubbio
che il contratto di governo, così come sarà per necessità frettolosamente predisposto
(alla italiana?), potrà essere soggetto anche a diverse interpretazioni che
saranno oggetto di future problematiche, di veementi diatribe e di ulteriori
discussioni.
Queste saranno riprese e
magnificate dai media che fino ad oggi, vista la tipologia e modalità degli
avvenimenti politici, ci hanno potuto facilmente avvincere e trastullare
tessendo la trama di uno spettacolo il cui testo è formato da ogni tipo di
descrizioni, analisi e previsioni.
Per concludere non resta
che attendere (si spera poco) per poter apprendere i contenuti precisi del
contratto di governo che, è auspicabile, indirizzerà con chiarezza le sorti dei
comuni cittadini verso il benessere.
Certo che dovremmo forse
preoccuparci se, riflettendo sugli eventi, ci accorgessimo che a trastullarci,
discutendo molto sul poco, non siano solo i media (in fondo è il loro
mestiere), ma gli stessi politici.
In particolare ci dovremo
preoccupare seriamente se il contenuto del citato contratto di governo fosse
null’altro che una sorta di ripetizione e sovrapposizione di soli punti
programmatici politici, generici e probabilmente in buona parte irrealizzabili,
già inseriti nei programmi elettorali dei vari partiti senza precisi
riferimenti ai costi ed alla sostenibilità degli stessi (ci auguriamo proprio
che non sia così!).