Abbiamo esaminato precedentemente
il contratto di governo nella sua fase embrionale, analizziamolo in maniera
critica ed obbiettiva in alcuni punti fondamentali.
Il nuovo governo sta
ancora procedendo a definire la spartizione di tutti i posti di comando
disponibili a bordo e i leader politici continuano per ora a fare opera di
propaganda, in attesa di cominciare a legiferare al fine di dare concretezza
alle promesse programmate e determinate contrattualmente dai due partiti che
compongono la maggioranza.
È facile prevedere che il
nuovo presidente del consiglio dei ministri si troverà di fronte (da subito) il
gravoso compito di mediare tra la lega ed il movimento cinque stelle per poter
legiferare, attuando concretamente il contratto stesso, senza che i testi
legislativi risultino contraddittori o comunque siano condizionati dal fatto
che in realtà i due partiti sono portatori di istanze e aspirazioni ideologiche
differenti.
In caso di diversità di
opinioni o di veri e propri contrasti sulle modalità di azione, sorte tra i
GOVERNANTI, secondo gli accordi presi, si dovrebbe ricorrere ad un apposito
organo di conciliazione, come evidenziato anche in un nostro precedente commento.
Ebbene, si consiglia
vivamente al prof. Conte, per sua pace e tranquillità, di cominciare subito a
gestire l’attuazione del contratto di governo provvedendo a sollecitare la
immediata definizione della composizione, delle modalità operative e dei poteri
eventuali, dell’organo di conciliazione, proprio come contrattualmente
previsto.
Mentre si resta in attesa
delle nuove azioni (leggi), come detto, continuiamo un poco alla volta a
cercare di rendere più chiaro il vero contenuto dei vari punti del contratto di
governo:
Il punto due del contratto di governo, senza alcun
dubbio intende ribadire che l’azione dell’esecutivo dovrà rispettare il
principio che l’acqua è un bene primario pubblico e che la gestione di una tale
risorsa non potrà essere oggetto di speculazioni private.
In realtà, già con il
referendum abrogativo del 2011 i cittadini si erano espressi per impedire il
commercio di un tale bene primario, nel senso che era stata abrogata la norma
che prevedeva la possibilità che all'interno delle componenti tariffarie fosse
inclusa una componente di remunerazione (guadagno) per l’eventuale gestore.
Gli enormi interessi in
gioco e l’inettitudine (in questo caso voluta) del nostro apparato burocratico
hanno di fatto impedito fino ad oggi che la volontà popolare fosse pienamente
rispettata.
Si presume, pertanto, che
il governo provvederà a legiferare definitivamente e chiaramente in materia per
riportare in ambito completamente pubblico la gestione dell’acqua.
Il fatto che non si annoti
che la materia sia in pratica gestita dalla competenza regionale ed inoltre la
previsione di voler favorire la creazione di società di servizi a livello
locale per la gestione dell’acqua (un meccanismo questo non certo innovativo)
ci preoccupa non poco: vedremo come si provvederà e quale sarà la priorità
assegnata a questo problema particolare.
Il punto terzo del
contratto di governo si riferisce agli importanti settori della agricoltura e
della pesca.
Si riconosce che la
competenza legislativa in materia è, negli anni, divenuta quasi di esclusiva fonte
sovranazionale e che molti dei motivi di scontento degli agricoltori italiani
(ma anche dei pescatori) derivano dai provvedimenti presi in sede europea non
sufficientemente seguiti e calmierati dall'opera dei nostri rappresentanti.
Viene evidenziato il
fatto che la PAC (politica agricola comunitaria) ha eccessivamente danneggiato
i nostri operatori di settore e che questo è avvenuto per troppa acquiescenza
degli stessi nostri rappresentanti (che non avrebbero difeso a sufficienza gli interessi
nazionali) e per questo si promette maggiore combattività nelle sedi
internazionali e migliore operatività degli organi nazionali.
Ci vorrà tempo per
modificare in concreto il funzionamento dell’agenzia nazionale per le
erogazioni in agricoltura, nonché del sistema unificato dei servizi del
comparto agricolo (rispettivamente AGEA e SIAN), ma più difficile e più lungo
sarà il cammino per ottenere, come programmato, una riforma della PAC, anche
perché si tratta di mettere tutti d’accordo e l’Italia non ha la necessaria
primazia in sede decisionale e non è detto che possa riuscire ad operare con
successo in merito.
Si teme che molto poco si
potrà fare per cambiare la attuale realtà.
Il punto quattro del
contratto riporta semplicemente una serie di desiderata riferiti alla gestione
dell’ambiente, alla green economy ed al trattamento dei rifiuti.
Vengono ricordate tutte
le più virtuose proposte in merito (la circolarità nella gestione dei rifiuti,
la opportunità di ridurre il consumo del suolo nell'ambito della quantità di
territorio rinnovabile, la necessità di bonificare i siti inquinati ecc.).
In merito si riconosce la
opportunità di sostenere con maggiori erogazioni economiche le regioni, così
che possano creare nuove riciclerie e nuove virtuose eco-gestioni delle varie
problematiche.
Nello stesso punto
quattro si evidenzia la necessità di superare la fase emergenziale, ancora in
corso nei territori terremotati e di passare alla fase della ricostruzione, sia
con adeguati interventi economici, sia con adeguate politiche di
semplificazione burocratica.
Lasciamo da parte gli
aspetti economici e vediamo come e quando si farà tale adeguata
semplificazione, ricordando che ancora oggi non risultano risolti tutti i
problemi ormai pluridecennali sorti in occasione degli interventi di ricostruzione
riferiti all'ormai antico terremoto del Belice.
Nel punto cinque del
contratto si parla di banche e di risparmio e si ripropone la nota questione
della creazione di una banca pubblica di investimento, si tratta di un tema che
merita un prossimo approfondimento particolare, per ora, solo come annotazione di
tipologia economica, fatta a margine, si ricorda che a fine giugno sarà
rinnovata la governance della cassa depositi e prestiti che detiene depositi
per ben duecentocinquanta miliardi di euro (soldi degli italiani).
Lo stesso importo rappresenta
quella parte del debito pubblico che è costituita dai titoli acquistati e
detenuti dalla banca centrale europea.
Lo stesso importo, in un
primo tempo, era stato richiesto dai nuovi gestori del potere che fosse
scomputato dal calcolo del rapporto tra debito e PIL del nostro paese.
Lo stesso importo (sempre
duecentocinquanta miliardi), affermano alcuni autorevoli economisti, sarebbe
necessario spendere nei prossimi anni per realizzare le promesse (populiste!)
fatte agli italiani dai partiti ora al governo.
Ovviamente queste ultime
annotazioni rappresentano solo una coincidenza, ricordata come nota di colore
e, in ogni caso, i vecchi e i nuovi gestori del potere hanno sempre ribadito la
volontà di salvaguardare il patrimonio ed i risparmi degli Italiani.