venerdì 8 giugno 2018

contratto di governo punti fondamentali e annotazioni


Abbiamo esaminato precedentemente il contratto di governo nella sua fase embrionale, analizziamolo in maniera critica ed obbiettiva in alcuni punti fondamentali.

Il nuovo governo sta ancora procedendo a definire la spartizione di tutti i posti di comando disponibili a bordo e i leader politici continuano per ora a fare opera di propaganda, in attesa di cominciare a legiferare al fine di dare concretezza alle promesse programmate e determinate contrattualmente dai due partiti che compongono la maggioranza.

È facile prevedere che il nuovo presidente del consiglio dei ministri si troverà di fronte (da subito) il gravoso compito di mediare tra la lega ed il movimento cinque stelle per poter legiferare, attuando concretamente il contratto stesso, senza che i testi legislativi risultino contraddittori o comunque siano condizionati dal fatto che in realtà i due partiti sono portatori di istanze e aspirazioni ideologiche differenti.

In caso di diversità di opinioni o di veri e propri contrasti sulle modalità di azione, sorte tra i GOVERNANTI, secondo gli accordi presi, si dovrebbe ricorrere ad un apposito organo di conciliazione, come evidenziato anche in un nostro precedente commento.

Ebbene, si consiglia vivamente al prof. Conte, per sua pace e tranquillità, di cominciare subito a gestire l’attuazione del contratto di governo provvedendo a sollecitare la immediata definizione della composizione, delle modalità operative e dei poteri eventuali, dell’organo di conciliazione, proprio come contrattualmente previsto.

Mentre si resta in attesa delle nuove azioni (leggi), come detto, continuiamo un poco alla volta a cercare di rendere più chiaro il vero contenuto dei vari punti del contratto di governo:


Il punto due del contratto di governo, senza alcun dubbio intende ribadire che l’azione dell’esecutivo dovrà rispettare il principio che l’acqua è un bene primario pubblico e che la gestione di una tale risorsa non potrà essere oggetto di speculazioni private.

In realtà, già con il referendum abrogativo del 2011 i cittadini si erano espressi per impedire il commercio di un tale bene primario, nel senso che era stata abrogata la norma che prevedeva la possibilità che all'interno delle componenti tariffarie fosse inclusa una componente di remunerazione (guadagno) per l’eventuale gestore.

Gli enormi interessi in gioco e l’inettitudine (in questo caso voluta) del nostro apparato burocratico hanno di fatto impedito fino ad oggi che la volontà popolare fosse pienamente rispettata.

Si presume, pertanto, che il governo provvederà a legiferare definitivamente e chiaramente in materia per riportare in ambito completamente pubblico la gestione dell’acqua.

Il fatto che non si annoti che la materia sia in pratica gestita dalla competenza regionale ed inoltre la previsione di voler favorire la creazione di società di servizi a livello locale per la gestione dell’acqua (un meccanismo questo non certo innovativo) ci preoccupa non poco: vedremo come si provvederà e quale sarà la priorità assegnata a questo problema particolare.

Il punto terzo del contratto di governo si riferisce agli importanti settori della agricoltura e della pesca.

Si riconosce che la competenza legislativa in materia è, negli anni, divenuta quasi di esclusiva fonte sovranazionale e che molti dei motivi di scontento degli agricoltori italiani (ma anche dei pescatori) derivano dai provvedimenti presi in sede europea non sufficientemente seguiti e calmierati dall'opera dei nostri rappresentanti.

Viene evidenziato il fatto che la PAC (politica agricola comunitaria) ha eccessivamente danneggiato i nostri operatori di settore e che questo è avvenuto per troppa acquiescenza degli stessi nostri rappresentanti (che non avrebbero difeso a sufficienza gli interessi nazionali) e per questo si promette maggiore combattività nelle sedi internazionali e migliore operatività degli organi nazionali.

Ci vorrà tempo per modificare in concreto il funzionamento dell’agenzia nazionale per le erogazioni in agricoltura, nonché del sistema unificato dei servizi del comparto agricolo (rispettivamente AGEA e SIAN), ma più difficile e più lungo sarà il cammino per ottenere, come programmato, una riforma della PAC, anche perché si tratta di mettere tutti d’accordo e l’Italia non ha la necessaria primazia in sede decisionale e non è detto che possa riuscire ad operare con successo in merito.

Si teme che molto poco si potrà fare per cambiare la attuale realtà.

Il punto quattro del contratto riporta semplicemente una serie di desiderata riferiti alla gestione dell’ambiente, alla green economy ed al trattamento dei rifiuti.

Vengono ricordate tutte le più virtuose proposte in merito (la circolarità nella gestione dei rifiuti, la opportunità di ridurre il consumo del suolo nell'ambito della quantità di territorio rinnovabile, la necessità di bonificare i siti inquinati ecc.).

In merito si riconosce la opportunità di sostenere con maggiori erogazioni economiche le regioni, così che possano creare nuove riciclerie e nuove virtuose eco-gestioni delle varie problematiche.

Nello stesso punto quattro si evidenzia la necessità di superare la fase emergenziale, ancora in corso nei territori terremotati e di passare alla fase della ricostruzione, sia con adeguati interventi economici, sia con adeguate politiche di semplificazione burocratica.

Lasciamo da parte gli aspetti economici e vediamo come e quando si farà tale adeguata semplificazione, ricordando che ancora oggi non risultano risolti tutti i problemi ormai pluridecennali sorti in occasione degli interventi di ricostruzione riferiti all'ormai antico terremoto del Belice.

Nel punto cinque del contratto si parla di banche e di risparmio e si ripropone la nota questione della creazione di una banca pubblica di investimento, si tratta di un tema che merita un prossimo approfondimento particolare, per ora, solo come annotazione di tipologia economica, fatta a margine, si ricorda che a fine giugno sarà rinnovata la governance della cassa depositi e prestiti che detiene depositi per ben duecentocinquanta miliardi di euro (soldi degli italiani).

Lo stesso importo rappresenta quella parte del debito pubblico che è costituita dai titoli acquistati e detenuti dalla banca centrale europea.

Lo stesso importo, in un primo tempo, era stato richiesto dai nuovi gestori del potere che fosse scomputato dal calcolo del rapporto tra debito e PIL del nostro paese.

Lo stesso importo (sempre duecentocinquanta miliardi), affermano alcuni autorevoli economisti, sarebbe necessario spendere nei prossimi anni per realizzare le promesse (populiste!) fatte agli italiani dai partiti ora al governo.

Ovviamente queste ultime annotazioni rappresentano solo una coincidenza, ricordata come nota di colore e, in ogni caso, i vecchi e i nuovi gestori del potere hanno sempre ribadito la volontà di salvaguardare il patrimonio ed i risparmi degli Italiani.