Da qualche giorno le notizie
diffuse dai media non sembrano certo rassicurare i cittadini italiani, sia che
si riferiscano alla compattezza e tenuta politica dell’attuale governo, sia che
commentino le sempre più preoccupanti e continue variazioni in negativo dei
parametri che dovrebbero misurare la salute della nostra economia (pubblica e
non).
Si sta svolgendo una vera e
propria guerra tra finanza e politica che dovrebbe farci alla fine capire se
l’una potrà prevalere sull’altra o viceversa.
Una certa lobby economica
(europea ed internazionale) vuole vincere e piegare ai propri desiderata la
volontà politica degli italiani mentre i nostri governanti mantengono le loro
posizioni, nel convincimento che un eventuale tracollo del nostro paese
causerebbe anche alle altre nazioni eccessivi oneri.
Per quanto ci è dato capire dai
report dei soliti media sembra quasi che si stia assistendo ad una partita a
poker, giocata tra il governo italiano e in pratica tutti i rappresentanti
degli altri stati comunitari (e non).
Un’altra partita, ben più
seria, è quella che coinvolge la nostra nazione ed i cosiddetti mercati
finanziari che al momento sembra vedere questi ultimi avviati verso una non impossibile
vittoria.
Cerchiamo di esaminare i numeri
e la realtà:
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Ad oggi, per i recenti avvenimenti dovuti
all’azione delle varie lobby finanziarie, si è avuta una notevole perdita del
valore di capitalizzazione delle azioni delle nostre società quotate in borsa
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Parimenti, a causa dell’aumento del famigerato
spread si sono dovuti pagare maggiori interessi sui circa quaranta miliardi di
titoli di debito che ogni mese, o quasi, il nostro paese deve emettere e
vendere per rinnovare e sostenere il debito accumulato nel tempo.
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La perdita totale del valore capitalizzato ed i
maggiori oneri finanziari hanno già diminuito la consistenza del patrimonio
attivo degli italiani per circa settanta miliardi.
A fronte di tale importo, di
fatto già pagato dai cittadini risparmiatori, si pone la previsione fatta dai
nostri politici di voler spendere attraverso la manovra finanziaria prevista
nel DEF circa quaranta miliardi per realizzare alcuni punti del contratto di
governo.
In pratica se si fossero
reperiti questi quaranta miliardi, ad esempio semplicemente attraverso una maggiore
imposizione sui titoli azionari, gli italiani (o almeno quelli che sono
azionisti risparmiatori) avrebbero perso, ma già risparmiato e/o comunque
limitato le loro attuali perdite.
Ovviamente, così operando,
qualsiasi governo avrebbe scatenato un immenso dibattito di natura politica,
visto anche che in sede programmatica si è sempre detto da parte di tutti i partiti
(maggioranza ed opposizione) che le tasse ed imposte devono scendere se si
vuole incrementare lo sviluppo dell’economia.
Teoricamente invero la attuale
perdita di valore dei titoli di borsa potrebbe essere compensata da futuri
aumenti, ma dopo una così evidente discesa delle quotazioni ci vogliono tempi
lunghi perché si possa verificare una effettiva ripresa.
Il nocciolo di tutti i problemi
economici della nostra Italia è rappresentato dalla enorme quantità del debito
pubblico accumulato negli anni che ammonta a più di duemila miliardi ed al
rapporto deficit – Pil che arriva a più del 130%.
Se non si diminuiscono le spese
o se non si aumenta il PIL (entrambi in maniera consistente) presto i cittadini
saranno chiamati a sostenere maggiori esborsi per tamponare una situazione
fallimentare.
Allo scopo di essere meglio
apprezzati dalla finanza internazionale e per nostra tranquillità si dovrebbero
ridurre di almeno un 20% annuo le spese per il funzionamento del carrozzone
burocratico – amministrativo statale ed aumentare di almeno due punti
percentuali annui il nostro prodotto interno lordo.
I risparmi previsti dal DEF e
gli aumenti teorici di PIL ipotizzati non sono comunque sufficienti a risolvere
tutti i problemi del nostro paese.
Nel contratto di governo, che
rappresenta la base su cui si regge l’attuale maggioranza politica, si è
inoltre chiaramente prevista la necessità di operare per diminuire il disagio
sociale dovuto alla presenza tra i cittadini di una moltitudine di individui
che vivono, o meglio sopravvivono, ai margini di quella che è definita soglia
di povertà.
Una parte della manovra
economica programmata prevede spese (una decina di miliardi) per interventi di
tipo sociale destinati a migliorare le condizioni degli indigenti e non è ben
chiaro quanto affermato dal governo in merito alla possibilità che tali spese
possano contribuire alla crescita reale del PIL.
Neppure è certo che il
ripristino della possibilità di andare in pensione prima di quanto previsto
dalle attuali norme possa incidere rapidamente e sensibilmente sul mercato del
lavoro, specie se si considera che chi deciderà di pensionarsi subito godrà di
una pensione ridotta e che si potrà verificare solo a posteriori quale sarà la
mole del conseguente turn over.
Nel frattempo un vero
snellimento dell’apparato burocratico dello stato (non solo delle leggi) ed una
effettiva spending review non sono realmente attuati o programmati, anche se si
continua ad affermare che sono necessari.
In pratica sembra che i nostri
governanti, come sopra detto, stiano giocando una partita a poker con gli enti
(finanziari, internazionali ecc.) che vorrebbero si modificasse il DEF così
come presentato, ma nel contempo stiano anche giocando un’altra partita
scommettendo sul verificarsi di particolari eventi in dipendenza delle
decisioni programmatiche prese.
Ma questa seconda partita, che
da quel che sembra è proprio una scommessa, quali probabilità ha di essere
vinta?
Chi è l’avversario?
E chi perderebbe?
In ogni caso i soliti cittadini
comuni.