mercoledì 13 febbraio 2019

Il mal francese ed altre amenità


Cerchiamo di riassumere quanto ci viene di recente descritto come se fosse attività politica primaria dai nostri governanti, ovviamente mantenendo una razionale e disincantata visione dei fatti.

Con grande risonanza da parte dei soliti media ci viene ora di continuo illustrata la problematicità dei rapporti con i nostri cugini francesi con i cui rappresentanti politici (in particolare presidente e ministro degli interni) sembrano essere sorti notevoli motivi di contrasto.

Premesso che la Francia è in pratica la stessa Italia in quanto parte del medesimo (futuro) stato dell’Europa vediamo quali sono i fatti.

In effetti da qualche tempo il comportamento degli organi francesi che si occupano del controllo delle frontiere (la gendarmerie per intenderci) si è irrigidito e addirittura vi sono state delle interferenze illegali da parte della polizia di confine francese, che in occasione di usuali operazioni di controllo e prevenzione ha addirittura INVASO il nostro amato paese.

In pratica i (poliziotti francesi) hanno ispezionato un locale di una stazione ferroviaria di confine (usualmente sottoposto a vigilanza dai nostri doganieri) alla ricerca di profughi o comunque di clandestini e hanno sconfinato in Italia di alcune centinaia di metri durante una operazione di respingimento di altri (quattro o cinque) clandestini che cercavano di recarsi dall’Italia alla Francia, privi di documenti e di identità non nota.

A parte il sospetto della ripetizione di simili episodi non ben documentati e/o posti alla attenzione pubblica, null’altro di particolarmente grave è successo sul fronte occidentale franco – italiano.

Vi è invero da prendere in considerazione la querelle che è sorta tra i massimi esponenti dei due paesi (fratelli) a causa di alcune battute, non proprio asettiche e rispettose dell’etichetta formale che dovrebbe contraddistinguere le discussioni fra due paesi democratici e alleati.

Il presidente francese, probabilmente per manifestare la propria preoccupazione sullo stato di salute della economia italiana che in caso di default potrebbe portare danno a tutti gli stati europei, ha definito (si spera solo potenzialmente) lebbroso (nel senso di contagioso?) il nostro paese.

A parte i commenti e le battute in risposta dei nostri massimi dirigenti, la goccia che in un certo senso ha fatto traboccare il vaso è stata causata dalla visita in Francia di un vice premier italiano che di fatto si è ivi recato solo per intrattenersi a colloquio con un esponente del movimento dei gilet gialli, che da numerose settimane scendono in piazza per dimostrare il proprio dissenso politico e richiedere a gran voce le dimissioni dello stesso presidente francese.

Pur notando che in realtà il suddetto cittadino francese, rappresentante del dissenso, non era (e non è ancora) un rappresentante politico regolarmente eletto, ma solo uno dei capipopolo che si è distinto, per la sua determinazione e violenza, in occasione delle manifestazioni di piazza, sembra una reazione eccessiva da parte del presidente francese Macron l’aver richiamato in patria il proprio ambasciatore.

In questa circostanza è d’obbligo, anche con riguardo alla onestà e correttezza dei nostri attuali governanti, che si chiarisca se le spese, per la trasferta del nostro politico in territorio francese, siano state pagate dai cittadini italiani o siano state per intero sostenute privatamente oppure a carico delle casse del partito di appartenenza dello stesso (nello specifico il M5s).

Sarebbe auspicabile una chiarificazione, poiché il richiamo di un ambasciatore presuppone una reazione ad un atto, definibile ostile, perpetrato a cura e spese del paese coinvolto.

In attesa di chiarimenti (che probabilmente non ci saranno) annotiamo con moderato pessimismo che nel frattempo tutti i rappresentanti del governo, presenti in gran numero sul posto, in occasione dell’inizio dei lavori di demolizione dei monconi rimasti in piedi del famigerato viadotto di Genova, hanno provveduto a celebrare come se fosse il simbolo della rinnovata grandeur (questa volta italiana) il fatto che si iniziasse a demolire un ponte, già crollato, a ben sei mesi di distanza dal crollo.

Si spera che in prosieguo vi saranno altre e diverse occasioni degne di celebrazione e nel frattempo si nota che per ora, malgrado tutto, ai soliti cittadini comuni non è ancora successo niente, tutto langue come prima e tutto deve restare (in un certo senso) tranquillo in attesa delle ormai prossime elezioni europee.

Anzi no, è aumentato il costo di alcune marche di sigarette (bene per la nostra salute) e inoltre  siamo in trepida attesa di vedere (speriamo presto ed in tempo) come si potrà e/o dovrà reagire alla ormai effettiva minaccia di una recessione nel nostro paese. 

Ci saranno sicuramente seri problemi, specie se non si provvederà al più presto a varare non solo ponti, ma anche riforme veramente sostanziali del nostro sistema gestionale della cosa pubblica e privata, in assoluto troppo burocratizzato e costoso.

Per ora, purtroppo, questa è la politica così come viene intesa e gestita dal governo e così come ci viene illustrata (o meglio confezionata ad arte) dai media.