Come al solito osserviamo
come gli attuali politici stanno da sempre cercando di affrontare i vari
problemi sociali che interessano direttamente od indirettamente i soliti
cittadini comuni.
Per primo va chiarito che
non sono solo i politici italiani a mostrare (ad ogni livello) un atteggiamento definibile in un certo senso
predatorio, ma tale atteggiamento è da ritenersi comune a tutti i
rappresentanti più o meno democraticamente eletti in Europa e addirittura nel
mondo.
Sembra che una volta
entrati a far parte della élite politica si perda il contatto con la realtà
sociale per acquisire una visione onirica e fallace della stessa realtà e si
agisca di conseguenza senza poter pensare ad altro che ad organizzarsi meglio
per mantenere ed incrementare il potere acquisito.
Quale piccolo esempio si
ricorda quanto di recente accaduto in occasione della rideterminazione delle
presenze dei rappresentanti dei vari paesi nel parlamento europeo, causata
dalla uscita del Regno Unito dall'unione.
Premesso che, a parte un
numero massimo di parlamentari, nessuna particolare limitazione è prevista
dalle regole sul numero minimo degli stessi.
Premesso che la nazione
uscente (Inghilterra) non avrà più diritto ad occupare circa novanta seggi alla
stessa spettanti in base alle regole prefissate.
Premesso che quindi in
teoria si dovrebbero risparmiare notevoli somme dovute ai compensi e prebende
varie spettanti a tali parlamentari (il che in un periodo attuale di crisi
economica non guasta).
Nella realtà le autorità
politiche europee hanno di comune accordo determinato di spartire tra vari
pretendenti un terzo dei seggi parlamentari lasciati liberi, così da
accontentare, con tale mancia, i desiderata di alcuni dei paesi partecipi
dell’unione.
Visto che tra l’altro
verranno a mancare i contributi per il funzionamento dell’organizzazione
europea pagati dall'uscente, non sarebbe stato meglio risparmiare in toto i
costi di gestione riferiti ai rappresentanti inglesi?
Eppure tutti, nessuno
escluso riconoscono che in particolare l’Europa ed i paesi europei stanno
attraversando una fase di recessione economica.
Si tratta invero di una
spesa inutile a carico dei soliti cittadini comuni che peraltro ammonta a circa
dieci milioni di Euro annui.
Sempre a proposito di
spese e di necessità di risparmiare per affrontare l’attuale periodo difficile
in questi giorni i nostri governanti stanno decidendo in merito alla
prosecuzione o meno della costruzione del (o della) TAV.
In merito si valuterà,
sulla base di una ponderosa relazione, il rapporto tra costi e benefici e si
deciderà se proseguire o meno nella realizzazione dell’opera.
Notizie contrastanti,
come al solito, vengono riferite dai media ed è difficile, per un singolo
normale cittadino, comprendere la realtà delle cifre.
I lavori dovrebbero
costare tre, quattro, forse cinque miliardi di Euro e potrebbero durare venti o
anche trenta anni.
Premesso che per simili
grandiose opere il metro di giudizio dovrebbe in parte prescindere dalla
semplicistica comparazione tra costi e benefici, appare purtroppo evidente che
il virus della politica abbia infettato e danneggiato le capacità raziocinanti
dei nostri rappresentanti al parlamento.
Ci sono grandi interessi
in gioco, ma se si parla realmente di tre miliardi da spendere e di una durata
dei lavori pari a venti anni, si discute in merito ad una spesa effettiva di
circa centocinquanta milioni annui, che a parte l’impegno immediato della somma
globale, non dovrebbe rappresentare un grande problema per la nostra nazione
che ha un PIL di duemila miliardi annui.
Quella sopra esposta è la
visione molto semplicistica che il solito comune cittadino può ricavare da
quanto viene semplicemente comunicato e diffuso dai media.
Un’altra problematica
riguarda la volontà di alcune regioni italiane di ottenere la delega a gestire
alcune materie (di fatto servizi e/o prestazioni verso gli abitanti) invece
dello stato centrale.
Dal punto di vista
economico il ragionamento dei fautori di tale delega parte dal principio che le
somme che lo Stato dovrebbe riconoscere alla regione per la gestione del
servizio sarebbero equivalenti a quelle spese dallo Stato stesso per il
medesimo territorio.
Bisogna notare che, per
poter operare nella prestazione di alcuni servizi in ambito regionale, lo stato
si è dovuto dotare di un certo numero di incaricati ed addetti a livello
ministeriale o locale, questi dovrebbero venire eliminati (non fisicamente) o
ridotti, per cui ogni decisione dovrebbe anche in questo caso essere sottoposta
a valutazione secondo il principio costi – benefici.
Non è certo un
provvedimento politico immediato (decreto o simile) che potrebbe operare senza
rischio di creare disparità di trattamento tra i cittadini a secondo della
regione di appartenenza, ma si dovrebbe creare un nuovo modello di governance
in grado di prevedere anche uno sviluppo ed incremento futuro e questo
richiederebbe comunque studio e profonda meditazione, nonché tempi lunghi.