mercoledì 8 maggio 2019

Questione Siri ed oltre


Le discussioni relative al caso del sottosegretario Siri hanno occupato per lungo tempo le prime pagine dei giornali e hanno tenuto banco durante le trasmissioni dei vari talk show su tutte le reti televisive.

Cerchiamo come al solito di inquadrare correttamente quanto avvenuto.

Da un lato la posizione dei cinque stelle è abbastanza chiara e la loro idea è che non vi debba essere neppure il più piccolo sospetto di un coinvolgimento di un membro del governo in questioni attinenti la corruzione, in tale caso il sospettato dovrebbe dimettersi immediatamente da ogni carica pubblica.

Il ministro degli interni, che è espressione del partito cui appartiene il sottosegretario inquisito, appellandosi alla stessa carta costituzionale, afferma che la semplice posizione di indagato non è rilevante perché, per la stessa legge, un imputato è da considerarsi innocente fino alla pronuncia di colpevolezza a seguito di processo.

In specie nel caso in questione, considerando per di più che non vi è stato fino ad ora neppure un atto formale di rinvio a giudizio, non ricorrerebbero certamente le condizioni per una richiesta di dimissioni.

Dal punto di vista giuridico un qualsiasi magistrato, cui è pervenuta una (potenziale) notizia di reato è tenuto ad indagare, sempre per legge.

A seguito delle indagini svolte il giudice incaricato potrebbe quindi dichiarare il cosiddetto non luogo a procedere o il rinvio a giudizio del sospettato (sempre non ancora da considerarsi colpevole).

Il problema reale è che tra prime indagini, richieste di proroghe e lentezza congenita dell’apparato giudiziario un sospettato, che poi potrebbe essere riconosciuto innocente, si viene a trovare in una specie di limbo (o meglio purgatorio) per lungo tempo (anche molto più di un anno).

In tale periodo ed in mancanza di un rinvio a giudizio, ogni indagine sulla persona dovrebbe ritenersi assolutamente riservata per evitare di danneggiare un innocente, ma così non è.

Evidentemente, come al solito, il sistema (anche quello giudiziario) che serve a preservare l’attuale assetto della società italiana, non funziona poi così bene.

Né l’obbligo della totale verginità teorica di tutti i rappresentanti del popolo è stabilito da alcuna legge, chi opera su delega dei cittadini è egli stesso un rappresentante di tutti gli stessi cittadini e non necessariamente un candido ed innocente fanciullo, ché altrimenti potrebbe risultare avulso dalla realtà e non in grado di comprenderla per poterla migliorare in favore di tutti.

Se guardiamo oltre oceano lo stesso presidente americano è stato a lungo inquisito per un reato potenzialmente assai più grave della stessa corruzione, in breve, secondo i suoi accusatori, avrebbe brogliato sulla sua stessa elezione in combutta con la nazione considerata la più pericolosa tra quelle nemiche degli Stati Uniti (ovvero la Russia).

Se le indagini avessero dimostrato la colpevolezza di Trump, costui per assurdo poteva essere accusato di (alto) tradimento, il che appare ben più grave della semplice e purtroppo più usuale corruzione, ma comunque per impedire l’esercizio del potere ad un rappresentante eletto dal popolo sarebbe stato necessario procedere con un apposito provvedimento di impeachment, previsto dalla legislatura americana vigente.

Nessuno degli americani ha peraltro mai potuto pretendere in concreto che, in attesa di eventuali decisioni della appositamente costituita commissione di inchiesta, il presidente eletto cessasse di esercitare il proprio potere.

Tutto il rumore che ha offeso le nostre orecchie di elettori e cittadini è da considerarsi solo tale e nulla di concreto e di vero si potrà dire fino al termine di un eventuale giudizio nei confronti del sottosegretario Siri.

Una analisi a posteriori di quanto sta avvenendo porterà quasi sicuramente a concludere che tanto rumore si è fatto per nulla.

Nel frattempo restano fermi: i vagheggiati propositi di cambiamento, tramite sostanziali riforme del sistema attuale; lo snellimento burocratico (quello vero), la riforma della giustizia (che fine hanno fatto le ipotesi della separazione delle carriere nell’ambito della magistratura?), la redistribuzione del reddito secondo criteri etici e sociali, la diminuzione dei debiti dello stato nei confronti dei fornitori privati; la eliminazione degli enti inutili attraverso un processi di razionalizzazione e riordino non clientelare; la famosa e ormai onirica spending rewiew, ecc. ecc. ecc.

Tutto è fermo, o quasi, e i soliti comuni cittadini continuano a vivere, meglio a sopravvivere, illudendosi che i pochi cambiamenti fino ad ora verificati, siano solo una prova generale, ma così non sembra.

Il continuare nel percorso politico fino ad ora intrapreso dai nostri governanti (in carica e non) potrebbe portare ad una più marcata disaffezione alla politica e questo lo verificheremo a breve il 28 maggio verificando i dati di affluenza alle urne.