venerdì 20 settembre 2019

Nuovo governo giallorosso


Se osserviamo con attenzione i fatti e/o misfatti che hanno portato alla formazione del nuovo governo giallorosso possiamo pensare che ormai dovrebbe essere chiaro come sia nata la congettura che ipotizza come molte teorie politiche che erano alla base del concetto di democrazia in Italia siano state stravolte e debbano considerarsi ormai inutili.

Secondo l’opposizione dell’attuale nuovo governo la democrazia rappresentativa non può più considerarsi la base della libertà di tutti gli italiani indistintamente.

Il motivo sarebbe che in un periodo di meno di un anno e mezzo si è passati da un governo di centro destra, che voleva operare attraverso istanze formalmente populiste e teoricamente indipendenti, a un governo di centro sinistra che sembra non essere stato determinato dal voto popolare, ma comunque egualmente destinato dalla nascita ad operare per ottenere gli stessi risultati del precedente, senza opporsi con veemenza alla tutela di ipotetici potentati internazionali.

Questa veemenza, più che altro verbale, nell’opporsi a tali potentati e parimenti la forma da usare nel voler propugnare le proprie diverse idee politiche sembrano essere le uniche differenze programmatiche fra il nuovo ed il vecchio governo e quindi non si comprende il motivo per cui la opposizione debba considerare lesione della nostra democrazia rappresentativa i recenti avvenimenti politici.

Secondo il vecchio governo gialloverde, come prescritto in un regolare contratto politico tra partiti e rappresentanti eletti, ai comuni cittadini elettori dovevano essere riconosciuti benefici economici, maggiore libertà, migliore sicurezza, più equa giustizia sociale e altri benefit vari.

Secondo il nuovo governo giallorosso, in dipendenza del programma politico concordato, agli stessi comuni cittadini elettori dovranno essere riconosciuti gli stressi benefici, la stessa maggiore libertà, la stessa migliore sicurezza, la stessa più equa giustizia sociale ecc. ecc.

Apparentemente non vi è stata alcuna variazione di intenti tra la vecchia maggioranza e la nuova, quindi cosa è in realtà cambiato?

Forse è cambiata solo la formalità del linguaggio con cui si porteranno avanti le azioni di governo.

Invece di cercare di imporre le proprie esigenze agitando, tra le altre, la bandiera del populismo che, se propugnata oltre un certo limite (minaccia di una vera e propria italexit), potrebbe disturbare l’attuale equilibrio del potere politico in Europa, si cercherà di agire più pacatamente e senza sventolare troppo la stessa bandiera di cui sopra.

Nella pratica è evidente che i problemi della nostra penisola sono dovuti alla eccessiva quantità di debito pubblico che si è accumulata nel corso degli ultimi venti anni e per rimediare a tale realtà, ormai consolidata, non vi è altra soluzione che smettere di fare altro debito ed aumentare il nostro PIL.

Per aumentare il PIL bisogna investire nel circuito economico una quantità di denaro che i nostri attuali e precedenti ministri e rappresentanti politici pensano di recuperare per massima parte attraverso un maggiore indebitamento dello stato, destinato a sostenere settori della economia politicamente considerati virtuosi ai fini dell’aumento della produttività del nostro paese.

Il vero problema è che per poter ottenere una maggiore disponibilità finanziaria l’Italia deve poter ottenere una deroga sugli impegni presi relativamente al non superamento di un certo limite del rapporto deficit – PIL.

Un altro problema, non meno importante, consiste nel fatto che da tempo immemorabile si è dimostrato che qualsiasi intervento di sostegno o di finanziamento a settori economici vari, politicamente considerati virtuosi, non ha dato i risultati previsti (a partire dagli interventi della famigerata e preistorica cassa per il mezzogiorno, ma anche prima).

Ovviamente le riforme ed i veri tagli dell’apparato burocratico e delle spese inutili dello Stato non sono considerati assolutamente indispensabili anche da questo nuovo governo.

Il sistema non si cambia, così come le riforme non si attuano modificando semplicemente le norme e non stravolgendo buona parte dell’attuale ordinamento.

Il successo elettorale del movimento cinque stelle si era basato in buona parte sulla manifestazione della volontà di stravolgere e non di semplicemente adattare la ormai vecchia organizzazione burocratico amministrativa dello stato per mantenerla ancora in vita.

Il progresso della destra salviniana, registrato dai sondaggi più recenti, derivava proprio da tesi ed azioni di governo che questa portava avanti in modo sostanzialmente (o apparentemente) volto a stravolgere e cambiare.

Ora si è tornati al pacato Mattarella (non si dimentichi eletto grazie alla chiamata del buon Matteo Renzi) ed ai soliti vegliardi politici che non sembrano certo essere propensi allo stravolgimento degli stessi principi che reggono il sistema.

Vedremo cosa si otterrà in pratica, certamente non di più o di meno di quello che chi sembra detenere il potere, specialmente quello economico, sarà disposto a concedere.
Null’altro potrà avvenire!!!.