Se osserviamo con
attenzione i fatti e/o misfatti che hanno portato alla formazione del nuovo
governo giallorosso possiamo pensare che ormai dovrebbe essere chiaro come sia nata la
congettura che ipotizza come molte teorie politiche che erano alla base del concetto
di democrazia in Italia siano state stravolte e debbano considerarsi ormai
inutili.
Secondo l’opposizione
dell’attuale nuovo governo la democrazia rappresentativa non può più
considerarsi la base della libertà di tutti gli italiani indistintamente.
Il motivo sarebbe che in
un periodo di meno di un anno e mezzo si è passati da un governo di centro
destra, che voleva operare attraverso istanze formalmente populiste e
teoricamente indipendenti, a un governo di centro sinistra che sembra non
essere stato determinato dal voto popolare, ma comunque egualmente destinato
dalla nascita ad operare per ottenere gli stessi risultati del precedente, senza
opporsi con veemenza alla tutela di ipotetici potentati internazionali.
Questa veemenza, più che
altro verbale, nell’opporsi a tali potentati e parimenti la forma da usare nel
voler propugnare le proprie diverse idee politiche sembrano essere le uniche
differenze programmatiche fra il nuovo ed il vecchio governo e quindi non si
comprende il motivo per cui la opposizione debba considerare lesione della
nostra democrazia rappresentativa i recenti avvenimenti politici.
Secondo il vecchio
governo gialloverde, come prescritto in un regolare contratto politico tra
partiti e rappresentanti eletti, ai comuni cittadini elettori dovevano essere
riconosciuti benefici economici, maggiore libertà, migliore sicurezza, più equa
giustizia sociale e altri benefit vari.
Secondo il nuovo governo
giallorosso, in dipendenza del programma politico concordato, agli stessi
comuni cittadini elettori dovranno essere riconosciuti gli stressi benefici, la
stessa maggiore libertà, la stessa migliore sicurezza, la stessa più equa
giustizia sociale ecc. ecc.
Apparentemente non vi è
stata alcuna variazione di intenti tra la vecchia maggioranza e la nuova,
quindi cosa è in realtà cambiato?
Forse è cambiata solo la
formalità del linguaggio con cui si porteranno avanti le azioni di governo.
Invece di cercare di
imporre le proprie esigenze agitando, tra le altre, la bandiera del populismo
che, se propugnata oltre un certo limite (minaccia di una vera e propria
italexit), potrebbe disturbare l’attuale equilibrio del potere politico in
Europa, si cercherà di agire più pacatamente e senza sventolare troppo la
stessa bandiera di cui sopra.
Nella pratica è evidente
che i problemi della nostra penisola sono dovuti alla eccessiva quantità di
debito pubblico che si è accumulata nel corso degli ultimi venti anni e per
rimediare a tale realtà, ormai consolidata, non vi è altra soluzione che
smettere di fare altro debito ed aumentare il nostro PIL.
Per aumentare il PIL
bisogna investire nel circuito economico una quantità di denaro che i nostri
attuali e precedenti ministri e rappresentanti politici pensano di recuperare
per massima parte attraverso un maggiore indebitamento dello stato, destinato a
sostenere settori della economia politicamente considerati virtuosi ai fini
dell’aumento della produttività del nostro paese.
Il vero problema è che
per poter ottenere una maggiore disponibilità finanziaria l’Italia deve poter
ottenere una deroga sugli impegni presi relativamente al non superamento di un
certo limite del rapporto deficit – PIL.
Un altro problema, non
meno importante, consiste nel fatto che da tempo immemorabile si è dimostrato
che qualsiasi intervento di sostegno o di finanziamento a settori economici
vari, politicamente considerati virtuosi, non ha dato i risultati previsti (a
partire dagli interventi della famigerata e preistorica cassa per il
mezzogiorno, ma anche prima).
Ovviamente le riforme ed i
veri tagli dell’apparato burocratico e delle spese inutili dello Stato non sono
considerati assolutamente indispensabili anche da questo nuovo governo.
Il sistema non si cambia,
così come le riforme non si attuano modificando semplicemente le norme e non
stravolgendo buona parte dell’attuale ordinamento.
Il successo elettorale
del movimento cinque stelle si era basato in buona parte sulla manifestazione
della volontà di stravolgere e non di semplicemente adattare la ormai vecchia
organizzazione burocratico amministrativa dello stato per mantenerla ancora in
vita.
Il progresso della destra
salviniana, registrato dai sondaggi più recenti, derivava proprio da tesi ed
azioni di governo che questa portava avanti in modo sostanzialmente (o
apparentemente) volto a stravolgere e cambiare.
Ora si è tornati al
pacato Mattarella (non si dimentichi eletto grazie alla chiamata del buon
Matteo Renzi) ed ai soliti vegliardi politici che non sembrano certo essere
propensi allo stravolgimento degli stessi principi che reggono il sistema.
Vedremo cosa si otterrà
in pratica, certamente non di più o di meno di quello che chi sembra detenere
il potere, specialmente quello economico, sarà disposto a concedere.
Null’altro potrà
avvenire!!!.