martedì 21 gennaio 2020

IL NUOVO MEDITERRANEO


Da molto tempo i media continuano a disquisire su problemi di politica internazionale legati per lo più a ipotesi di crisi e di guerra.

In realtà lo scenario medio orientale si è complicato, sia per quanto sta avvenendo in Libia, sia per quanto sta avvenendo nei dintorni dello stretto di Hormuz ed in genere nei territori a nord della Siria e in Iran.

Un (QUASI) vero e proprio conflitto si è combattuto e si combatte in Libia tra il rappresentante del governo riconosciuto legittimo, con sede a tripoli (Serraj) ed il rais della cirenaica (Haftar), in questi giorni è stata concordata una tregua e nei prossimi giorni si dovrebbe proseguire a sfidarsi con le armi della diplomazia e non con i fucili.

Una battaglia tra gli USA e l’IRAN con uso di droni, missili e cannoni è iniziata, ma poi, per fortuna, si è interrotta.

Centinaia di uomini, per lo più civili non combattenti sono morti, chi in Libia, chi in Siria, chi in Iraq, chi in Iran.

Centinaia di migliaia di altri esseri umani sono fuggiti dalle loro case per paura di restare uccisi e sono andati ad ingrossare le file dei migranti (anzi degli aspiranti migranti) che cercano la pace e la sicurezza in un altro continente (per lo più l’Europa).

Come al solito la causa di tutti gli avvenimenti descritti è quasi esclusivamente dovuta a motivi economici.

Questa volta si è assistito ad un coinvolgimento diretto da parte di due grandi nazioni, la Turchia e la Russia che cercano apertamente di estromettere dalla sfera di influenza dell’occidente la Libia, per poterne poi sfruttare senza limiti e/o condizionamenti i ricchissimi giacimenti di petrolio, gas e minerali rari.

Con un certo ritardo gli italiani che ci governano si sono accorti che gli interessi della nostra nazione possono essere gravemente danneggiati, proprio a causa della dipendenza energetica dai giacimenti libici.

La Turchia ha già inviato truppe (in buona parte mercenari) in appoggio al governo di Tripoli, la Russia ha inviato armi, mezzi blindati, truppe ed istruttori militari in appoggia al governo della Cirenaica.

In contemporanea una compagnia statale turca ha iniziato a operare per poter trivellare in mare con lo scopo di sfruttare parte di quelle stesse vastissime riserve metanifere che di fatto anche la nostra società petrolifera ENI sta sfruttando.

Poco importa se il punto dove si sono posizionate le trivelle turche sia da ritenersi parte del territorio libico, o cipriota, o greco. Il presidente Erdogan in questa partita ha calato con forza l’asso militare.

Di fronte a tale spregiudicatezza anche i nostri politici si sono preoccupati ed hanno cominciato a parlare di truppe e/o forze di pace, che dovrebbero operare su mandato delle Nazioni Unite o europee.

Sorprendono un poco i discorsi dei nostri leader e degli europei in genere che sembrano non rendersi conto di quanto stia avvenendo.

Dal punto di vista energetico, nella attuale situazione, la Turchia dipende dalle forniture di combustibile assicurate dalla Russia e per evitare i conseguenti condizionamenti Erdogan è disposto a tutto e la situazione libica è ottima occasione per potersi assicurare approvvigionamenti energetici da occidente oltre che da oriente.

Putin da parte sua vigila e controlla per poter mantenere la maggior influenza possibile sulla Turchia che pur essendo membro della alleanza atlantica (NATO) sembra agire senza tener conto della propria posizione.

Più in generale si spiega bene il gioco delle parti giocato da Putin, da Erdogan e dagli altri capi dei governi che si sono voluti coinvolgere militarmente nella questione libica se si ipotizza che il disimpegno degli USA nel medio oriente potrebbe rendere possibile addirittura il blocco dello stretto di Hormuz e in tale caso il poter utilizzare al meglio la fonte energetica costituita dai giacimenti libici sarebbe assolutamente necessario.

Per questo Turchia, Russia, Emirati arabi, Egitto ed altri si sono schierati sul terreno inviando truppe o fornendo armi.

Noi italiani ci siamo resi conto che non possiamo essere certi di poterci approvvigionare della necessaria energia se non manteniamo in qualche modo il controllo delle riserve libiche?

Il governo italiano non deve considerare un semplice auspicio il mantenimento della pace in Libia, ma deve operare fattivamente (militarmente se necessario) per poter controllare e difendere i nostri interessi, altrimenti si rischia di perdere a livello internazionale la nostra stessa identità e libertà.

Ben vengano quindi i provvedimenti auspicati da alcuni che comportano l’utilizzo di un vero e proprio blocco navale, non nei confronti dei poveri migranti libici, ma nei confronti di chi rifornisce di armi le fazioni libiche, nonché l’impiego di forze militari ecc...

Speriamo che la troppa prudenza dei nostri governanti non ci costringa a digerire decisioni troppo a noi sfavorevoli nell’ambito del nuovo ordinamento che sicuramente verrà stabilito in Libia.

È forse il momento di sbattere i pugni e di mostrare le…..e!!!!.