Da molto tempo i media
continuano a disquisire su problemi di politica internazionale legati per lo
più a ipotesi di crisi e di guerra.
In realtà lo scenario
medio orientale si è complicato, sia per quanto sta avvenendo in Libia, sia per
quanto sta avvenendo nei dintorni dello stretto di Hormuz ed in genere nei
territori a nord della Siria e in Iran.
Un (QUASI) vero e proprio
conflitto si è combattuto e si combatte in Libia tra il rappresentante del
governo riconosciuto legittimo, con sede a tripoli (Serraj) ed il rais della
cirenaica (Haftar), in questi giorni è stata concordata una tregua e nei
prossimi giorni si dovrebbe proseguire a sfidarsi con le armi della diplomazia
e non con i fucili.
Una battaglia tra gli USA
e l’IRAN con uso di droni, missili e cannoni è iniziata, ma poi, per fortuna,
si è interrotta.
Centinaia di uomini, per
lo più civili non combattenti sono morti, chi in Libia, chi in Siria, chi in
Iraq, chi in Iran.
Centinaia di migliaia di
altri esseri umani sono fuggiti dalle loro case per paura di restare uccisi e
sono andati ad ingrossare le file dei migranti (anzi degli aspiranti migranti) che
cercano la pace e la sicurezza in un altro continente (per lo più l’Europa).
Come al solito la causa
di tutti gli avvenimenti descritti è quasi esclusivamente dovuta a motivi
economici.
Questa volta si è
assistito ad un coinvolgimento diretto da parte di due grandi nazioni, la
Turchia e la Russia che cercano apertamente di estromettere dalla sfera di
influenza dell’occidente la Libia, per poterne poi sfruttare senza limiti e/o
condizionamenti i ricchissimi giacimenti di petrolio, gas e minerali rari.
Con un certo ritardo gli
italiani che ci governano si sono accorti che gli interessi della nostra
nazione possono essere gravemente danneggiati, proprio a causa della dipendenza
energetica dai giacimenti libici.
La Turchia ha già inviato
truppe (in buona parte mercenari) in appoggio al governo di Tripoli, la Russia
ha inviato armi, mezzi blindati, truppe ed istruttori militari in appoggia al
governo della Cirenaica.
In contemporanea una
compagnia statale turca ha iniziato a operare per poter trivellare in mare con
lo scopo di sfruttare parte di quelle stesse vastissime riserve metanifere che
di fatto anche la nostra società petrolifera ENI sta sfruttando.
Poco importa se il punto
dove si sono posizionate le trivelle turche sia da ritenersi parte del
territorio libico, o cipriota, o greco. Il presidente Erdogan in questa partita
ha calato con forza l’asso militare.
Di fronte a tale spregiudicatezza
anche i nostri politici si sono preoccupati ed hanno cominciato a parlare di
truppe e/o forze di pace, che dovrebbero operare su mandato delle Nazioni Unite
o europee.
Sorprendono un poco i
discorsi dei nostri leader e degli europei in genere che sembrano non rendersi
conto di quanto stia avvenendo.
Dal punto di vista
energetico, nella attuale situazione, la Turchia dipende dalle forniture di
combustibile assicurate dalla Russia e per evitare i conseguenti
condizionamenti Erdogan è disposto a tutto e la situazione libica è ottima
occasione per potersi assicurare approvvigionamenti energetici da occidente
oltre che da oriente.
Putin da parte sua vigila
e controlla per poter mantenere la maggior influenza possibile sulla Turchia
che pur essendo membro della alleanza atlantica (NATO) sembra agire senza tener
conto della propria posizione.
Più in generale si spiega
bene il gioco delle parti giocato da Putin, da Erdogan e dagli altri capi dei
governi che si sono voluti coinvolgere militarmente nella questione libica se
si ipotizza che il disimpegno degli USA nel medio oriente potrebbe rendere
possibile addirittura il blocco dello stretto di Hormuz e in tale caso il poter
utilizzare al meglio la fonte energetica costituita dai giacimenti libici
sarebbe assolutamente necessario.
Per questo Turchia,
Russia, Emirati arabi, Egitto ed altri si sono schierati sul terreno inviando
truppe o fornendo armi.
Noi italiani ci siamo
resi conto che non possiamo essere certi di poterci approvvigionare della necessaria
energia se non manteniamo in qualche modo il controllo delle riserve libiche?
Il governo italiano non
deve considerare un semplice auspicio il mantenimento della pace in Libia, ma deve
operare fattivamente (militarmente se necessario) per poter controllare e
difendere i nostri interessi, altrimenti si rischia di perdere a livello
internazionale la nostra stessa identità e libertà.
Ben vengano quindi i
provvedimenti auspicati da alcuni che comportano l’utilizzo di un vero e
proprio blocco navale, non nei confronti dei poveri migranti libici, ma nei
confronti di chi rifornisce di armi le fazioni libiche, nonché l’impiego di
forze militari ecc...
Speriamo che la troppa
prudenza dei nostri governanti non ci costringa a digerire decisioni troppo a
noi sfavorevoli nell’ambito del nuovo ordinamento che sicuramente verrà
stabilito in Libia.
È forse il momento di
sbattere i pugni e di mostrare le…..e!!!!.