Risulta doveroso chiarire ancora una volta la triste realtà su quanto si è cercato di illustrare nella
nostra precedente comunicazione (coronavirus vero) visto che a quanto pare i nostri governanti, a
livello mondiale, continuano ad omettere in buona parte la descrizione della
effettiva situazione in cui si sono ritrovati tutti gli esseri umani.
In particolare, nel
nostro paese, i media stanno da sempre disquisendo su problemi teorici non
ancora risolti o risolvibili, questo per evidente mancanza di sufficienti
conoscenze e pertanto, al momento, nessuna notizia o discussione è idonea a
chiarire quanto sta succedendo e come si potrebbe incidere fattivamente sulla
realtà globale degli avvenimenti.
Coronavirus: sanità Italiana e sanità Europea a confronto
Non sono di certo
risolutive delle reali problematiche gli apologetici racconti sulle poche
centinaia in più di posti letto, ricavabili e/o ricavate in vari reparti
ospedalieri di terapia intensiva, né le ipotesi di parziale rallentamento
nell'ampliamento del contagio, ottenibile con l’adozione di periodi di
quarantena forzata estesa a tutto il paese.
Per dare una chiara idea
della nostra situazione, comune ad altri partner europei, si pensi che per ora il
più ricco ed attrezzato paese europeo, la Germania, ha un sistema sanitario che
dispone di 800 posti letto ospedalieri ogni centomila abitanti oltre a 28.000
postazioni per terapia intensiva a fronte di quanto si ha in Italia (300 posti
ospedalieri e 5.000 di rianimazione).
In caso di aumento (probabile)
della virulenza pandemica, per salvare la vita a tutti coloro che potrebbero
reagire positivamente alle cure, di posti letto in rianimazione ce ne
vorrebbero solo in Italia almeno centomila.
Non sono pertanto i quattro
o cinquemila nuovi posti (definibili di rianimazione) che i gestori della
nostra emergenza nazionale potranno, forse, attrezzare in strutture precarie a
poterci consentire di presumere che si possano e potranno salvare tutte le vite
umane salvabili.
Se i numeri dei malati
saranno quelli attualmente prevedibili solo un vero miracolo (quale una tregua
immediata dei contagi) potrebbe aiutarci a risolvere adeguatamente i nostri
problemi, in merito saranno messi in campo silenzi ed omissioni.
Coronavirus cosa accade nella nostra sanità nei trattamenti ospedalieri
Il percorso di un
contagiato dal coronavirus con malattia conclamata è facilmente definibile: un primo periodo di
ricovero in isolamento (per quanto possibile), un successivo periodo in cui si
cerca di assistere la respirazione con dosaggio di ossigeno e blando ausilio alla
respirazione, una ultima fase in cui il paziente viene intubato e tenuto in
vita dalle apposite macchine.
Al termine del calvario
di cui sopra, se si sopravvive e si riprende a respirare autonomamente ci si
può considerare guariti.
In assenza di cure specifiche
per poter sopravvivere al contagio del Covid-19 bisognerebbe quindi avere a
disposizione un letto di rianimazione in cui restare intubati per un periodo di
12/14 giorni ed adeguata assistenza e, come detto, non ci sono tali risorse per
tutti i malati attuali e/o potenziali.
Non ci appare affatto
giusto che i sanitari, prima di decidere se intubare un paziente, debbano considerare
anche gli aspetti tecnici relativi alla disponibilità attuale e prevedibile dei
necessari macchinari.
Ormai da giorni nelle
zone del nord, per ora più gravemente colpite, i medici (in particolare
rianimatori e anestesisti), stanno apertamente parlando della necessità quotidiana
di dover ricorrere alle cosiddette cure palliative nei casi di più grave contagio,
in specie di persone anziane e fragili: queste cure non curano, ma servono ad
accompagnare il malato ad una dolce morte, visto che non vi è possibilità di
aiutarlo (intubandolo) per fargli continuare la lotta per la vita.
Considerando ciò che si
può dedurre da quanto sopra viene facile comprendere perché attraverso il
blocco dei contatti tra la gente si cerchi di arginare la via del contagio.
Ovviamente il non
intrattenere contatti fisici e/o rapporti fra i cittadini significa interrompere
anche i rapporti economici e sociali.
Coronavirus previsioni economiche
Per evitare, per quanto
possibile, una totale crisi economica, il governo Britannico sembrerebbe
orientato a prendere in considerazione di lottare contro la pandemia
utilizzando un diverso metodo.
In pratica si dovrebbe
procedere ad isolare completamente e per un lungo periodo quella parte di
popolazione che, se contagiata, è maggiormente soggetta a subire complicanze
letali (anziani, immunodepressi ecc.), lasciando i più giovani e resistenti
soggetti a combattere a piè fermo contro le conseguenze del contagio da
coronavirus, mantenendo quasi totalmente le normali abitudini di vita.
L’economia non sarebbe
completamente bloccata e dopo un certo numero di morti (bisognerebbe sapere
quanti), nei sopravvissuti si otterrebbe lo sviluppo di naturali difese
immunitarie in grado di bloccare il replicarsi del virus, ottenendo così anche
la protezione dei più deboli (immunità di gregge).
Il vero problema, che
rende difficile l’adozione di un tale metodo di contrasto all'infezione, è il
sapere troppo poco di questo particolare Covid-19 di cui, in particolare,
sembra non se ne conoscano completamente né la percentuale effettiva di
mortalità, né i meccanismi di sviluppo, propagazione e mutazione, che stiamo
ancora ad oggi definendo.
Per i comuni cittadini,
alla fine di tutto ancora sopravvissuti, resterà da affrontare la prossima
crisi economica che sarà grave e duratura, mentre i sistemi pubblici di
gestione delle comunità (gli stati), attraverso cui si sono malamente
controllate fino ad oggi le relazioni tra i singoli e lo stesso sviluppo etico-sociale,
restano e resteranno indifferenti e scaricheranno sulle spalle dei soliti
comuni cittadini la maggior parte dei costi che si dovranno sostenere.