In merito alla attuale pandemia di coronavirus la completa disinformazione dei comuni cittadini si è, per ora, ottenuta proprio attraverso l’eccesso di notizie (o meglio stralci di notizie) che i media ci stanno offrendo con grandi clamori per poco o nulla giustificati dal contenuto dei vari scenari descritti.
Cerchiamo come al solito di vedere realmente cosa ci è stato reso assai confuso attraverso la incontrollata e poco seria diffusione di numeri statistici, di scenette compassionevoli, di incitamento alla solidarietà, supposta comune a tutti e sollecitata attraverso la richiesta di donazioni continuamente reiterata.
La decisione di trattenere tutti i cittadini, contagiati reali o potenziali, in quarantena obbligatoria e quindi il blocco della vita sociale per più settimane nascono semplicemente dalla impossibilità, dovuta ai deficit del nostro sistema sanitario ospedaliero, di poter fare fronte alle migliaia di richieste dei cittadini che volevano essere ricoverati e dovevano essere sottoposti ad accertamento (tampone) e, se positivi, adeguatamente assistiti.
Le cure ospedaliere ai contagiati dal coronavirus, triste realtà, sono state assicurate completamente solo ad una parte dei pazienti ed a un certo punto è divenuto ingrato compito dei sanitari barcamenarsi in una situazione quasi disastrosa, tanto da dover talvolta determinare chi tra i molti potesse accedere ai reparti di terapia intensiva e chi no!
In alcune zone del nord Italia si è addirittura richiesta ospitalità per pazienti affetti da coronavirus in alcune residenze per anziani (si rischiava di doverli abbandonare per strada!).
Quanto sopra ha ovviamente inciso sul numero dei morti e ci ha reso in pratica la seconda nazione al mondo (se non la prima) per il triste primato dei decessi per coronavirus.
Purtroppo le decisioni e le esternazioni dei politici sono state basate (e lo sono ancora) sul nulla per quanto riguarda la certezza scientifica.
Ad oggi, malgrado i sacrifici (abbiamo già trascorso chiusi in casa le vacanze pasquali) non conosciamo completamente il meccanismo di trasmissione tra gli esseri umani, nonché tempi, pericolosità e modalità in merito al decorso della malattia in specie nel caso di contagiati cosiddetti asintomatici.
Potrebbe risultare vero quanto inizialmente dichiarato da alcuni scienziati sul fatto che tra la popolazione italiana e mondiale vi potrebbero essere tra il 20 ed il 40 per cento di infettati da covid-19, ma asintomatici, se tutti questi soggetti manifestassero, prima o poi, conclamati e gravi sintomi sarebbe la fine del mondo.
Ad oggi non sappiamo con certezza se e per quanto tempo un poveraccio che ha contratto questa malattia epidemica ed è guarito possa ritenersi al sicuro e protetto dagli anticorpi sviluppati durante la stessa malattia: per quanto ci risulta si ha notizia di numerosi casi di contagi reiterati nel tempo negli stessi soggetti.
Ad oggi non sappiamo se, in caso di contatto diretto con soggetti malati, sia congruo il supposto periodo di due settimane di incubazione del virus, trascorso il quale, in assenza di sintomi, si possa ritenere di non aver contratto la malattia (per alcuni clinici servirebbero forse tre settimane!).
Ad oggi inoltre non si sono ancora effettuati sufficienti test clinici (tamponi) per avere contezza dalla reale percentuale degli infetti, neppure tutti quelli che sono morti per sindromi polmonari o che comunque sono stati soggetti al contatto con soggetti sicuramente malati di covid-19 sono stati controllati (vedi ad esempio il personale delle residenze per anziani ove, è sicuro, si sono avute vittime del contagio).
In Italia, con riferimento a quanto sopra, sembra in ogni caso che non ci sia la concreta ed immediata possibilità di poter condurre una campagna volta ad accertare attraverso test clinici tale numero esatto dei contagiati, mancano i tamponi o mancano i necessari reagenti.
I numeri dei nuovi contagiati che ci vengono quotidianamente comunicati dalle autorità non sembra siano, di volta in volta, debitamente confrontati col numero totale dei tamponi effettuati e quindi emendati in funzione della relativa proporzionalità.
Abbiamo udito interpretazioni ondivaghe e diverse tra gli illustri esperti (clinici di chiara fama e non) su cosa significhi esattamente e in un determinato giorno avere un minor numero di ricoveri in terapia intensiva rispetto al giorno precedente, ma in contemporanea un maggior numero di morti o viceversa.
Allo stato attuale l’isolamento ed il distanziamento sociale sembrano avere in un certo senso giovato non a ridurre significativamente, definitivamente ed in poco tempo i contagi, ma solo a diminuirne la rapidità di diffusione (la ormai famosa curva piatta dei contagi), consentendo di alleviare il quotidiano carico ospedaliero delle regioni più sofferenti.
Si può ragionevolmente prevedere, se tutto andrà bene, che alla fine di tutto in Italia avremo registrato e archiviato i nostri circa trentamila decessi per pandemia, forse troppi, vista la pretesa di eccellenza della nostra sanità pubblica.
Spetterebbe ora ai numerosissimi tecnici incaricati dai nostri politici dare indicazioni chiare ed univoche su come e quando si dovrebbe uscire dalla attuale fase di distanziamento sociale, ma spetta ai governanti scegliere operativamente su tempi e modi dell’uscita.
Almeno per questa volta ci sembrerebbe doveroso che ogni decisione fosse univoca e tenesse conto del parere di tutti i rappresentanti dei partiti e quindi risultasse chiara la responsabilità comune a tutti i politici coinvolti.