La famigerata FASE 2, destinata a far uscire dai vincoli della quarantena le nazioni in cui si è sviluppata la pandemia da coronavirus, cercando di evitare tutti i gravi pericoli di recidive epidemiche, è ormai dappertutto in attuazione.
In Italia si attende ancora che i nostri rappresentanti politici emanino dei regolamenti e/o protocolli, possibilmente motivati e comprensibili, atti a garantire la sicurezza della nostra salute e la contemporanea compatibilità con la necessità di poter esercitare le normali attività economiche e produttive.
È purtroppo chiaro a questo punto che, almeno fino alla fine dell’emergenza sanitaria, le modalità con cui si sono svolte fino ad oggi tali attività economiche e produttive non potranno essere le stesse di prima e saranno in particolare intralciate dalla necessità di mantenere la famigerata distanza sociale tra i cittadini tutti (per ora ritenuta requisito indispensabile per la salvezza dal contagio).
È anche chiaro, ma non adeguatamente evidenziato dai media, che non esiste la possibilità di evitare totalmente ogni e qualsiasi rischio di contagio, visto che non siamo ancora in grado di conoscere a fondo i modelli comportamentali del virus covid-19 che ha provocato e provoca tanti danni a noi umani.
I dati ufficiali noti, relativi al territorio italiano denunciano che si sono avuti più di trentamila morti causati da tale virus e che il numero di nuovi contagi, in un tragico gioco a rimpiattino, rincorre e talvolta supera quello degli ulteriori morti (per ora si stima tra i cento e i duecento eventi al giorno).
Forse, anzi certamente, se non si troverà al più presto una cura efficace o un vaccino, i morti potranno ancora aumentare e la previsione più logica indica che, continuando con l’attuale media per i prossimi dodici mesi, i decessi, alla fine di ogni pericolo, supereranno di gran lunga il numero di centomila.
I soliti nostri rappresentanti politici (di destra o di sinistra), i rappresentanti sindacali, nonché i tecnici (scienziati, componenti di commissioni e task force varie), sanno bene che in questo momento una normale attività lavorativa, qualsiasi essa sia, non può essere svolta senza rischio di contagio e che in merito non possono continuare a considerare i comini cittadini come bambini cui nascondere certe verità scomode.
Sia specificato una volta per tutte e chiaramente che i regolamenti e protocolli di sicurezza, cui attenersi nello svolgimento delle proprie mansioni, servono solo a ridurre il rischio di contagio epidemico, ma non lo eliminano!
A partire da questa verità di base si dovrebbe cercare di mediare tra la necessità di evitare un libero e sfrenato contagio virale e la contemporanea ulteriore necessità di svolgere in maniera praticabile e proficua le attività lavorative.
In realtà, sia i vari consulenti sia i responsabili politici, sembra siano pressati solo dal timore di poter essere accusati di aver favorito, in qualsiasi modo, i decessi per pandemia e pertanto, a causa di tali loro timori, vengono preannunciate e promulgate norme di sicurezza, teoricamente e forse le più efficaci, ma assai difficilmente compatibili con il regolare e proficuo svolgimento delle attività economiche normate.
Un esempio eclatante della incompatibilità tra le cosiddette norme di sicurezza e la branca della economia cui si riferiscono è quello relativo alla disciplina delle attività di ristorazione in genere.
Nella foga di voler mantenere ad ogni costo il distanziamento sociale più ampio possibile si sono preannunciati limiti alla capienza dei locali (trattorie, bar ecc.), tali da non consentire la possibilità di esercitare il proprio mestiere di oste o barista senza rimetterci economicamente.
In genere, muniti di conformi pareri delle varie task-force scientifiche e non, i politici stanno cominciando, anzi hanno già cominciato a varare una miriade di normative talvolta inapplicabili, nella realtà quotidiana, a tutte le categorie economiche, ma purtroppo e troppo spesso anche completamente inutili.
Per restare all’esempio della ristorazione, citato come eclatante, non è forse da pazzi, da ignoranti e da irresponsabili mettersi a discutere sul mantenimento della distanza di due metri tra un avventore e l’altro di un ristorante e non ricordarsi che tutti i pochi avventori che si presenteranno in un qualsiasi locale, questa estate, indipendentemente dalla distanza tra loro, saranno tenuti a respirare in comune quanto meno la porzione di aria respirata da ciascuno e riciclata dagli impianti di condizionamento.
Questa aria reimmessa in ciclo è di solito malamente filtrata da apparati poco efficaci, scarsamente manutenuti, sporchi e spesso non adatti a trattenere i virus eventualmente diffusi in ambiente.
Si può essere certi che, la applicazione di norme che regolamentino adeguatamente, (ma possibilmente) le caratteristiche dell’aria che saremo costretti a respirare questa estate entrando nei vari locali, servirebbero a salvare molte più vite di quelle salvabili attraverso la imposizione di distanze minime tra gli avventori.
COROLLARIO:
Se quanto sopra illustrato in merito all’aria che si respira nei ristoranti ed in genere nei locali dediti a varie attività commerciali troverà (o avrà già trovato) riscontro favorevole nelle osservazioni di qualcuno dei componenti dei gruppi ufficiali di tuttologi delle varie task-force, si può essere certi che, in uno con le impraticabili norme di distanziamento, subito saranno anche prescritte altre norme cogenti e costose atte ad assicurare un più corretto funzionamento degli impianti di condizionamento.
Così continuando, i nostri governanti con la scusa della tutela della salute (che come detto è comunque impossibile garantire al 100%) stanno creando, poco alla volta, un blocco all’economia costituito da norme e regolamenti forse teoricamente validi, ma non immediatamente applicabili, se non opportunamente emendati e che in ogni caso comportano un eccessivo aumento delle spese di esercizio per tutte le attività economiche.
Il risultato finale vedrà in tale caso la chiusura definitiva di migliaia di esercizi commerciali, soluzione in contrasto con la volontà primaria dei comuni cittadini che non desiderano certo la persecuzione di una così disastrosa situazione (ECONOMIA IMPOSSIBILE).
Di fatto si sta celebrando ancora una volta il trionfo della burocrazia che pretende da sempre di poter fare riferimento ad onnicomprensive norme regolatorie, ovviamente soggette ad interpretazione del burocrate o peggio del giudice.
Gli stessi cittadini, ormai esasperati, vogliono solo il ritorno alla normalità, anche se questo comporta l’assunzione di un certo inevitabile ulteriore rischio di contagio.
Che poi questo rischio di contagio, in uno con i disastrosi avvenimenti degli ultimi tre mesi, sia da attribuire in gran parte alla inadeguatezza funzionale del sistema che ci governa ed alla improvvida gestione e politica dei nostri governanti passati e presenti è un’altra questione, che si potrà dibattere, con calma, quando e se sarà almeno in buona parte terminata l’attuale emergenza.