sabato 20 giugno 2020

COLAO BRAND

Re Luigi XVI, ha decretato la convocazione degli stati generali, anzi no, ci scusiamo per l’errore, a convocare gli stati generali della economia italiana è stato il premier Conte che non risulterebbe essere di stirpe regale, ma che di recente ha preso in mano le sorti del nostro paese dirigendolo e legiferando, in apparenza quasi come sovrano assoluto, assistito dai propri esperti consiglieri.

Storicamente e certamente fino al diciottesimo secolo la valenza inoppugnabile dei decreti reali derivava addirittura dalla investitura divina del sovrano, oggi la medesima valenza inoppugnabile dei vari DPCM mediante i quali sono stati governati dall’inizio della epidemia da Covid-19 deriva dal fatto che, se tali decreti venissero disattesi, abrogati od opposti, si causerebbe una frattura insanabile della attuale maggioranza e la caduta dello stesso governo.

Questo evento politico avrebbe causato e causerebbe un deleterio ritardo nel determinare le azioni necessarie (o anche solo utili) per arginare, almeno in parte, i danni causati dalla crisi pandemica, con conseguenze nefaste per la salute e la sopravvivenza economica degli italiani.

Pressati pertanto dalla paura del contagio e quindi della propria incolumità fisica, nonché timorosi di perdere definitivamente gran parte delle fonti del loro benessere, gli italiani tutti, o quasi, si sono pertanto, nell’occasione, trasformati da cittadini elettori a cittadini sudditi.

Di questa trasformazione se ne stanno approfittando le autorità che ci governano e che cercano di indirizzare la società italiana verso un assetto legislativo potenzialmente meno democratico per quanto attiene alle libertà individuali e più dirigista per quanto attiene alla gestione dell’economia.

Con preordinata e machiavellica scaltrezza (chi lo avrebbe mai pensato), il nostro Premier ha da tempo direttamente prescelto un gruppo di alti burocrati e cittadini illustri, riunendoli sotto la direzione di un manager (Vittorio Colao) ex dirigente di una nota società telefonica, dando allo stesso l’ incarico di redigere un rapporto su ciò che non funziona nell’attuale assetto normativo ed organizzativo della società italiana e sulle azioni da intraprendere per riformare, SISTEMARE e migliorare tutto!

È stato facile per il buon Colao produrre in brevissimo tempo un documento di ben 121 pagine, ciascuna contenente in forma schematica un elenco tematico dei difetti funzionali che affliggono il nostro paese e le indicazioni relative alle azioni di modifica (possibilmente risolutive), da intraprendere per migliorare LE COSE.

Lo scopo dichiarato della successiva convocazione degli stati generali dell’economia da parte del presidente del consiglio è quello di riuscire a determinare la programmazione di norme riformatrici, condivise dalle pari sociali intervenute ed atte a favorire una nuova, più funzionale e migliore società, il tutto mantenendo come base la traccia costituita dalle citate 121 pagine.

I politici italiani, che nell’attuale governo sono all’opposizione, hanno rifiutato di presenziare agli stati generali affermando che la sede naturale dove si concepiscono, programmano e licenziano le norme, di contenuto economico, nonché le riforme, è il parlamento.

Questo rifiuto nasce probabilmente dalla convinzione che nessuno tra i parlamentari e legislatori, sia pure costituzionalmente delegati, potrebbe ignorare, o disattendere in toto nei contenuti, le eventuali proposte di legge ipotizzanti soluzioni già riconosciute valide, discusse nelle sedute degli stati generali e provviste dell’avallo del primo ministro.

Ma allora, forse, gli stati generali sono per lo più uno strumento atto a rafforzare il potere del presidente del consiglio nei confronti della opposizione e degli stessi parlamentari di maggioranza?

Osservando con mente aperta e sufficientemente smaliziata gli eventi politici di questi giorni, sembra proprio che il nostro premier voglia bypassare i desiderata dei parlamentari che agiscono in rappresentanza degli interessi legittimi delle categorie di cittadini che gli hanno eletti, procedendo ad acquisire direttamente gli stessi desiderata dei cittadini e ad agendo di conseguenza.

In fondo si tratta di rendere più vicini e reali gli obiettivi di gestione diretta della democrazia da sempre perseguiti dal movimento cinque stelle che, di fatto, sta sostenendo a spada tratta l’attuale governo e l’attuale premier.

Non è ancora il momento dell’addio alla democrazia rappresentativa in Italia, ma ci siamo (maledettamente) vicini.

Per il solito comune cittadino nulla peraltro cambia, le leggi saranno promulgate rispettando il più possibile i desiderata espressi in sede di stati generali dai rappresentanti di più o meno lobbistiche associazioni invece di tener primariamente conto delle richieste fatte dai parlamentari, peraltro eletti dalle stesse lobby.

In definitiva, secondo il rapporto dell’illustre riformatore Colao, condiviso da chi da sempre ci governa, nulla deve essere abolito dell’attuale sistema, ma tutto deve essere solo migliorato.

Per fare un esempio, nello stesso rapporto si afferma che la burocrazia, riconosciuta non funzionale e non funzionante, deve essere aiutata a migliorare e a divenire alleata dei cittadini; non deve però essere abolita o sminuita la valenza della sua azione interpretativa e di applicazione delle norme, ma semmai tale azione deve essere meglio modulata ed indirizzata attraverso appositi corsi di riqualificazione, corsi che tra l’altro, qualora fossero realmente tenuti, siamo sicuri verranno in buona parte gestiti (a pagamento) dalla stessa cerchia di esperti che hanno licenziato tale raccomandazione: lo verificheremo a breve.

Tutto quanto sopra sta accadendo alla faccia delle precedenti dichiarazioni, esternate e sostenute con vigore da tutti i partiti in sede elettorale, che agitavano la bandiera della vera e virtuosa eliminazione di gran parte della stessa burocrazia!

Nel frattempo i vaniloqui continuano, il tempo passa e i cittadini soffrono.