Se ponessimo una particolare attenzione nel recepire i contenuti delle notizie relative alla programmazione della prossima ripresa economica dell’Italia, non saremmo di certo invogliati al plauso per quanto ci viene trasmesso, con toni spesso trionfalistici, dai soliti politici e dai soliti media.
In realtà, al contrario
di quanto potrebbe apparire, l’unico vero contributo all'economia che ad oggi può
essere utilizzato, in favore dei vari stati comunitari, è rappresentato dai fondi,
già stanziati dalla banca europea e destinati a rimpolpare la somma a sua
disposizione per l’acquisto dei certificati di debito statali, offerti ed
eventualmente non assorbiti dal mercato, in occasione di aumento o rinnovo di
ingenti tranches dei debiti pubblici che gli usuali investitori finanziari
(fondi di investimento, sovrani, speculativi ecc.) potrebbero non acquistare, in
parte o per intero.
Si tratta di un robusto
rifinanziamento di un provvedimento, adottato a suo tempo dal vecchio capo della
BCE Mario Draghi, che si è rivelato utile per calmierare l’aumento eccessivo
del costo dei debiti pubblici e per stabilizzare la stessa finanza mondiale.
Nella pratica tra vecchio
e nuovo rifinanziamento si afferma da parte di tutti che per questi scopi (definiamoli
calmieratori) vi sarebbero a disposizione in totale ben 1350 (mille
trecentocinquanta) miliardi.
Non è ben specificato
però che una parte di tale somma si sta già utilizzando e che i soldi in teoria
sono tutti disponibili, ma secondo un ritmo di erogazioni pluriennale.
Pertanto resta possibile
che non si sia scongiurata del tutto la mancanza di sostegno monetario adeguato
e sufficiente ad evitare i danni che potrebbe causare un crollo contemporaneo dei
mercati europei e dei valori stessi rappresentativi della finanza
internazionale, malgrado l’enorme cifra messa in campo (si noti che le stesse
autorità monetarie in un primo tempo avevano accennato alla necessità di cifre pari
a 1500/2000 miliardi).
L’evento, che a tutti fa
paura, ma a noi italiani giova, è che l’eventuale crollo della economia di un
paese membro del G7 (magari proprio l’Italia considerata paese più debole)
coinvolgerebbe, sempre contemporaneamente ed insieme al resto del mondo, anche
le posizioni debitorie privilegiate e in teoria sostenibili dei paesi
comunitari ritenuti più ricchi.
Si tratta di riflettere
su immaginari scenari catastrofistici, solo potenzialmente possibili in regime
di economia, un assaggio di catastrofe, per fortuna piccolissimo, ci è stato servito
a causa degli eventi pandemici e dei conseguenti danni che si sono e si stanno
manifestando.
L’attenzione dei
contribuenti italiani dovrebbe concentrarsi anche su altre notizie che, come al
solito, ci sono state riferite in forma inesatta e/o incompleta e con grande
clamore.
Si è ad esempio affermato
che le autorità centrali europee avrebbero previsto la spesa di 100 (cento)
miliardi per implementare le risorse destinate a finanziare la erogazione della
CIG (cassa integrazione guadagni) destinata a quei cittadini europei rimasti
privi di lavoro a causa della sospensione o chiusura delle attività produttive
dovuta alla pandemia da coronavirus.
Non viene peraltro
sufficientemente evidenziato che dei cento miliardi del provvedimento all’Italia
potrebbero essere concessi al massimo circa venti miliardi, neppure sembra ben
chiarito come verrà concessa e a carico di chi sarà addebitata tale erogazione,
non ancora richiesta (parrebbe buona regola contabile che ad ogni voce di spesa
debba corrispondere una voce di entrata).
Per quanto sopra si
evidenzia che, a parte il macro intervento monetario (i soliti 1350 miliardi) della
banca centrale volto, come logico, a mantenere integro il valore dei
certificati di debito attualmente in pancia dei maggiori istituti di credito e
della stessa banca europea, ci è noto che in favore di imprese e comuni
cittadini italiani si sono fino ad ora previsti interventi statali per il
ristoro delle perdite subite a causa del covid-19, che dovrebbe erogare le
seguenti somme:
- Quasi ottanta miliardi ottenuti aumentando la massa del debito pubblico tramite emissione di ulteriori certificati di debito
- Circa venti miliardi di possibile integrazione ai fondi destinati al pagamento della CIG (normale e straordinaria).
Il famoso recovery fund
(fondo per lo sviluppo da ben 1500 miliardi) di cui si parla tanto, che
dovrebbe essere finanziato con la emissione di, per ora, fantasmagorici
EUROBOND, resta ipotesi di studio (in pratica fuffa) fino a che tutti i paesi
europei non troveranno un accordo su come, quando e di quanto indebitare
l’Europa, per permettere agli stessi paesi comunitari di sostenere le spese
necessarie per il rilancio dello sviluppo produttivo in genere (in pratica del
PIL).
Le affermazioni di quasi
tutti i nostri politici che indicano nella somma di poco più di 170 miliardi
quello che dovrebbe spettare all'Italia quale capitale per tale rilancio, non
trovano pratico riscontro sulla loro credibilità, al momento da considerarsi
solo futuribile.
Esaminando con la solita
particolare attenzione la realtà italiana si deve inoltre constatare che non risultano
ancora integralmente operativi, a causa dei soliti impedimenti burocratici
tipici del nostro inefficiente sistema di governo, neppure i provvedimenti di
spesa degli 80 miliardi di cui sopra aventi lo scopo di soccorrere imprese,
famiglie e cittadini in grave affanno e riconosciuti da tutti urgentissimi.
Eppure i soldi li abbiamo
già procurati (anche se a debito) e gli interessi su tale debito li stiamo già
inutilmente pagando; chi tra i politici o i burocrati di turno è il
responsabile del danno erariale che ne è derivato? Facciamoli pagare per la
loro ignavia ed inefficienza iniziando così a riformare concretamente il
sistema!