domenica 29 novembre 2020

SALUTE ED ECONOMIA

 Lo si era accennato anche nel precedente commento del tredici novembre: la burocrazia, impossessatasi della gestione dei parametri indicatori della contagiosità pandemica (si ricorda ben ventuno), ha cominciato ad operare mietendo le prime vittime.

La suddivisione del territorio italiano in regioni gialle, arancioni e rosse, laddove ad ogni colore corrisponde un diverso grado e quantità dei vincoli alla libera circolazione, per come ci viene riferito, è eseguita tenendo praticamente in esclusivo conto i risultati di misteriosofici algoritmi, affidati alle cure di politici, relativi burocrati e addetti tecnici.

Questo modo di agire insieme ad un cervellotico frazionamento territoriale, legato ai soli confini regionali e non provinciali, ha portato invero ad una applicazione di chiusure e vincoli alla libera circolazione (distanziamento sociale), solo grossolanamente differenziati per zone e sostanzialmente meno stringenti di quelli che erano stati imposti a tutti i cittadini durante il primo lock down generalizzato che aveva dato ottimi risultati in merito alla remissione dei contagi. 

Di questi vincoli meno stringenti il virus, che sembra sorvegliarci, ne ha approfittato e, subito, per diversi giorni, si è verificato in Italia un incremento notevole della mortalità giornaliera: i defunti sono aumentati da 400/500 a 600/700, per poi giungere alla cifra di circa ottocento con punte di oltre ottocentocinquanta.

Poco male e nessuna colpa di nessuno visto che per stabilire il tipo e la congruità delle stesse misure di prevenzione adottate sarebbero stati rispettati i preordinati criteri e procedimenti burocratici. 

Inoltre (non ci stancheremo mai di ricordarlo tristemente), come prevedibile, gli stessi morti sono stati per la maggior parte anziani e comuni cittadini (per lo più pensionati) che, come doverosamente riconosciuto, sono non funzionali al mantenimento della integrità del processo produttivo della economia italiana (nonché europea e mondiale). TIRIAMO INNANZI!

Dopo questi avvenimenti e sulla base di dati relativi ad un presunto appiattimento della curva dei contagi, moltissimi dei nostri tecnici e governanti, italiani ed europei, hanno peraltro accettato di inaugurare il ballo di beneficienza destinato a supportare gli argomenti a favore di una riapertura natalizia, abbastanza indiscriminata, di quasi tutti gli esercizi commerciali e le attività varie che sono state in precedenza chiuse o limitate al fine di mantenere proprio il doveroso distanziamento sociale.

Se è vero che l’unica sicura difesa contro la diffusione della pandemia è proprio questo benedetto distanziamento sociale.

Se è vero che i vaccini attualmente allo studio (anzi quasi pronti) non potranno iniziare ad essere distribuiti prima dei prossimi sessanta o novanta giorni (salvo imprevisti).

Se è vero che comunque gli effetti di una adeguata e sicura immunizzazione dal coronavirus non si potranno manifestare tra la popolazione prima dei prossimi dieci, dodici mesi.

Se è vero che nel frattempo il covid-19 continuerà a diffondersi principalmente a mezzo di semplici contatti sociali tra la popolazione.

Allora è anche vero che sarebbe ad oggi una follia diminuire la quantità ed intensità delle misure di prevenzione vigenti, indipendentemente da ogni altra considerazione, legiferando sulla base di verifiche dell’andamento epidemico a breve termine (sette, dieci o quindici giorni).

È ormai evidente che di fronte all’attuale situazione sanitaria le autorità detentrici del potere, italiane, ma anche europee e mondiali, tranne poche eccezioni, si sono trovate e si trovano in grande difficoltà e non sanno come agire.

Il premier italiano tra i primi, ma anche molti degli altri capi di stato europei, hanno riconosciuto opportuno un coordinamento sopranazionale delle azioni da intraprendere in emergenza, ma tale coordinamento non è di fatto mai stato opportunamente discusso, programmato e realizzato.

L’ Europa sta continuando pertanto a tutelare la salute e salvezza dei cittadini comunitari sulla base di normative nazionali (meglio nazionalistiche) adottate senza una adeguata coordinazione tra gli stessi stati che la compongono.

Anche la risposta alla contemporanea crisi pandemica dell’economia, sicuramente mondiale, o meglio globale, resta priva del valore aggiunto di una concreta cooperazione, questa per logiche ed evidenti motivazioni dovrebbe essere stata da sempre attuata, preferibilmente a livello mondiale, ma quanto meno a livello europeo.

È stato considerato da tutti un avvenimento straordinario e non il frutto di una normale e prevista norma regolante la collaborazione tra partner, la assegnazione all’Italia di aiuti per un paio di centinaia di miliardi di Euro (parte sotto forma di prestito, parte sotto forma di contributi a fondo perduto) determinata dagli organismi comunitari. 

Tale assegnazione forse rinvierà, ma non risolverà i problemi economici che affliggono il nostro debole sistema-nazione ed inoltre non abbiamo ancora certezza sui tempi di erogazione degli aiuti stessi.

Nel frattempo i nostri politici (al governo e/o all’opposizione), nel tentativo di gestire la crisi, hanno approvato nuovi provvedimenti economici atti a tamponare solo parzialmente e momentaneamente i disagi causati dalla crisi economica stessa, ma tali provvedimenti (ristori, bonus, assegni unici ecc.) sostanzialmente hanno già incrementato il debito pubblico dai duemila quattrocento miliardi del 2019 ai duemila seicento miliardi del novembre 2020.

Sappiamo, o meglio, sanno i nostri governanti dove si andrà a finire continuando ad approvare nuovi debiti?

Abbiamo la minima idea di come noi, ma in specie i nostri figli e i nostri nipoti potranno fare fronte ai debiti che l’Italia sta accumulando?