Sembra che ormai sia quasi impossibile cercare di contenere i contagi da corona virus senza dover ricorrere nuovamente a provvedimenti che di fatto sono assai restrittivi delle libertà di movimento e azione fino ad oggi normalmente godute, in Italia e nel resto del mondo, dagli abitanti delle cosiddette nazioni democratiche.
I comuni cittadini hanno
sopportato stoicamente un primo lock down che li ha costretti per almeno due
mesi a rinunciare all’usuale lavoro ed a rinchiudersi come fossero agli arresti
domiciliari.
Ora sembra proprio che
gli stessi cittadini non siano disposti a sacrificarsi ancora nello stesso modo,
malgrado il riacuirsi del contagio epidemico.
Questa mancanza di
disponibilità al sacrificio è dovuta in buona parte, almeno per gli italiani,
oltre che per motivi economici, al sorgere di dubbi sulla capacità di opporsi
fattivamente al pericolo di infettarsi attraverso le azioni ad hoc predisposte
e preannunciate dalle autorità, vi è anche la convinzione della impossibilità
di controllare efficacemente la corretta esecuzione di tali azioni.
Dopo diversi mesi di
pandemia è risultato che l’unico rimedio efficace per non ammalarsi è il
distanziamento sociale, ma sorge il problema di come ottenerlo senza
stravolgere la stessa esistenza della società e della vita di relazione così
come ad oggi concepita ed organizzata.
Sulla ricerca di un
rimedio si sono concentrati i nostri governanti che per allontanarci l’uno
dall’altro si sono inventati persino azioni di volta in volta assurde ed inverosimili
dimostrando addirittura confusione mentale e scarsa capacità intellettiva.
Prendiamo per esempio la
problematica del trasporto pubblico, per il cui decongestionamento si è attuato
il divieto di affollamento dei mezzi superiore all’ottanta per cento, ebbene tale
divieto di fatto non è stato rispettato.
Ora continuando sulla
stessa china tutti sono in accordo nel ridurre la percentuale di affollamento
dei mezzi pubblici al cinquanta per cento, ma senza rendersi conto che è
impossibile gestire correttamente tale provvedimento.
Esemplificando: si
consideri un autobus che sta seguendo il proprio percorso cittadino con a bordo
quarantacinque utenti (la metà della capienza massima di novanta persone),
giunto ad una qualsiasi fermata, a richiesta dei passeggeri, dallo stesso mezzo
scendono dieci utenti, ma alla stessa fermata ve ne sono quindici che
vorrebbero salire, inizia allora un torneo con lancia e spada per la conquista
di un posto? E se ne salgono dodici? Chi controlla? Non certo l’autista che
deve concentrarsi sulla guida!
Per poter attuare una
simile direttiva si consiglia vivamente di procedere alla creazione di un nuovo
ruolo di impiegati statali o meglio regionali e/o comunali, il ruolo di butta fuori
e dentro; a tale impiego si potrà ambire superando un concorso per esami e
titoli (quale miglior titolo di quello di ex buttafuori da discoteca, tra
l’altro tali prestatori d’opera muscolare attualmente non possono lavorare
viste le chiusure imposte alle discoteche).
Trattasi di una soluzione
corretta e rispettosa dell’attuale assetto burocratico-centrico del sistema.
Ci sarebbe da sorridere,
ma purtroppo tale scenario, insieme ad altre assurdità causate da altri poco
pratici e/o in parte bislacchi protocolli anti covid-19, potrebbe anche divenire
realtà.
Se si considera la poca
efficacia fino ad ora mostrata da tutti i provvedimenti presi, sorge anche il
dubbio che le azioni dei nostri governanti siano per così dire balbettanti
anche perché i cosiddetti esperti non hanno potuto o voluto chiarire meglio o
dare altre indicazioni sulla pandemia: l’unica chiara e certamente corretta istruzione
è: STATE LONTANI, ma senza specificare come mantenere vivi i rapporti sociali e
pertanto la stessa società.
Sino dai tempi della
serenissima repubblica di Venezia, che basava la sua economia sul commercio con
l’oriente, il rischio di importare epidemie, che usualmente affliggevano
endemicamente quasi tutti i paesi ad est della Grecia, veniva abbattuto
costringendo alla quarantena, nei cosiddetti lazzaretti,
persone e merci per almeno quaranta giorni, prima di liberalizzarne la
circolazione.
I medici deputati al
controllo sanitario negli stessi lazzaretti indossavano apposite tuniche
isolanti e maschere filtranti.
Nulla sembra sia variato
e/o innovativo rispetto alle antichissime azioni, conclusioni e raccomandazioni
dell’epoca ed oggi reiterate dai comitati tecnico scientifici e varie task
force.
Al punto in cui siamo
arrivati in questi ultimi giorni bisogna rendersi conto che della vicenda
pandemica da cui siamo afflitti si conosce ancora troppo poco per poter
ricorrere a rimedi localizzati e ponderati a seconda della diffusione presunta
del virus di cui, ancora oggi, nessuno ha totalmente e puntualmente spiegato
meccanismi e tempi di riproduzione.
In pratica si può solo
tenere presente che i paesi come la Cina, la Corea e pochi altri hanno ottenuto
una quasi totale remissioni dei contagi, ma per ottenere tale risultato hanno
fatto ricorso a provvedimenti drastici, certi, indifferenziati e per lungo
tempo operativi; si tratta forse dell’unica strada percorribile.
Di una tale necessaria e decisa
azione abbiamo bisogno, a questo punto assoluto bisogno, perché in caso
contrario i danni che si potrebbero evidenziare sono enormi e coinvolgerebbero
la stessa esistenza della nostra, anzi delle nostre cosiddette nazioni
democratiche che risulterebbero compromesse a causa della debolezza e del
timore della perdita di consensi da parte degli odierni governanti e detentori del
potere.
Qualunque sarà lo
sviluppo pratico della attuale situazione dobbiamo anche constatare che le odierne
difficoltà hanno evidenziato più chiaramente le enormi differenze sociali tra i
detentori del potere e i cittadini comuni, questi a loro volta, specie dal
punto di vista economico, hanno dovuto constatare inoltre di essere divisi tra
cittadini garantiti (in evidenza: politici, burocrati o impiegati pubblici ecc.)
e cittadini assistiti (tutti gli altri).