martedì 4 gennaio 2022

Virus per sempre

 La pandemia continua ad imperversare e i governanti di tutto il mondo, malgrado il supporto degli scienziati, sembrano incontrare difficoltà nel gestire con chiarezza e con adeguata efficienza la guerra al virus.

In Italia il numero dei soggetti infettati dalla variante delta o dalla mutazione omicron del coronavirus ha in breve tempo superato il picco di più di centomila contagi giornalieri.

Viene continuamente ripetuto dai media osannanti il fatto che pur essendoci così tanti nuovi malati il numero dei morti per covid-19 e dei ricoverati in gravi condizioni resta basso (sempreché circa cento o centocinquanta o più morti giornalieri siano da considerarsi un basso numero) e questo avverrebbe principalmente grazie al successo della campagna di vaccinazione sulla popolazione ed al fatto che la nuova e più contagiosa mutazione omicron di cui sopra indurrebbe una malattia che si manifesta con sintomi meno gravi.

Ma se così non avvenisse nel prossimo futuro e fossimo colpiti da una nuova variante più contagiosa e più virulenta, ovvero decisamente mortale?

Cerchiamo come sempre di chiarire ai comuni cittadini quanto e cosa sta avvenendo.

È evidente che la prima possibile difesa dalla malattia epidemica del coronavirus si è concretizzata con la scoperta dei vari vaccini che in vari paesi, non appena disponibili, sono stati autorizzati in via sperimentale e somministrati con la massima celerità possibile a tutti gli individui che hanno accettato tale utilizzo sperimentale su sé stessi.

È inoltre evidente che, per motivi economici o altro, non tutte le nazioni (specie quelle cosiddette sottosviluppate) hanno potuto avere e comunque mai avranno a disposizione un numero di dosi vaccinali e di operatori sanitari sufficienti ad immunizzare tutti o almeno gran parte dei cittadini.

È anche ormai evidente che negli individui regolarmente sottoposti a doppia vaccinazione, come da iniziale protocollo di cura, la protezione dal contagio è andata scemando fino a ridursi ad una efficacia del 30% dopo tre/quattro o cinque mesi.

La somministrazione di una terza dose (booster) è stata scelta come adeguata soluzione atta a rafforzare la immunizzazione dei cittadini.

Purtroppo anche chi si è vaccinato per tre volte con il passar del tempo vedrà affievolirsi la efficacia della protezione in un primo tempo acquisita con la doppia vaccinazione e poi rafforzata grazie alla dose booster di cui sopra.

Non è stato ancora ufficialmente determinato con sufficiente certezza per quanto tempo gli individui vaccinati tre volte si potranno considerare al sicuro dalle nefaste conseguenze di vecchie o anche nuove infezioni dovute a ulteriori varianti più o meno gravi del coronavirus.

In Israele, dove sembra che gran parte della popolazione abbia assunto le prime tre dosi di vaccino, già si sta iniziando ad effettuare una quarta inoculazione vaccinale dopo quattro/cinque mesi dalla terza.

Ad oggi è logico pensare che il virus e la relativa pandemia continueranno ad affliggere per lungo tempo l’umanità e che le nazioni più sviluppate potranno continuare a produrre e a sostenere un tenore di vita quasi normale solo programmando ed eseguendo una regolare profilassi vaccinale (ogni quattro, sei, nove o dodici mesi?).

È anche logico prevedere che fino a che la salvezza delle vite degli Italiani (e di tutti) sarà demandata alle sole dosi del vaccino, nessuno potrà garantire che non intervenga l’improvviso sviluppo di una qualche deleteria variante virale in grado di farsi beffa degli anticorpi sviluppati dai vaccini in uso.

Per opporsi con certezza di risultati alla pandemia utilizzando solo il vaccino sarebbe necessario che tutti i governi nazionali, nessuno escluso, avessero a disposizione una organizzazione sanitaria ed i mezzi economici in grado di vaccinare ripetitivamente almeno ogni sei mesi tutta la popolazione del mondo.

Più di recente, ma già da tempo si è appreso che sono stati scoperti e prodotti anche dei medicinali, in pratica delle semplici pillole, in grado di curare la malattia da covid-19 una volta insorta.

Se è reale la efficacia di tali rimedi non si comprende perché non si sia cercato di dare la priorità all’uso di medicine, somministrabili per via orale, che offrono notevoli vantaggi pratici, tra i quali il fatto che per essere efficaci contro la pandemia non devono essere destinate a tutti, ma solo agli effettivi malati.

Gli antivirali di cui sopra, magari prescritti con minore oculatezza in affiancamento ai vaccini, rappresenterebbero un’arma di difesa della salute pubblica forse anche di gradimento dei cosiddetti no-vax e ci si rifiuta di considerare che il non uso di tali rimedi (le semplici pillole) sia dovuto al loro costo eccessivo: quando mai si è detto che bisogna risparmiare sulla pelle degli italiani?

In effetti i comuni cittadini del nostro bel paese sulla metodologia e sui rimedi con cui si è affrontata la crisi pandemica qualche dubbio ce lo hanno, proprio perché i problemi clinici generati da tale crisi sono stati risolti (anzi irrisolti) ricorrendo al solo slogan: vaccino e basta!

Le ulteriori problematiche sociali ed economiche dovute alla necessità di dover affrontare i disagi ed i costi della medesima crisi sono ancora da determinare e quantizzare.

Ci vorranno anni di sacrifici perché gli stessi soliti comuni cittadini possano ripagare la mole di debiti dovuti alla gestione della pandemia e contratti a loro carico dalla solita confraternita dei politici e dei burocrati, questi ultimi, nel frattempo, hanno comunque ottenuto una vittoria riuscendo a cancellare la norma che stabiliva il tetto retributivo massimo di duecento quaranta mila Euro annui cui doveva adeguarsi lo stipendio spettante ai cosiddetti alti dirigenti dello stato. (SIC!).