Continua ad essere per ora
privo di soluzioni facilmente praticabili il problema della formazione di un
nuovo governo, nonostante tutti gli sforzi che apparentemente sembra stiano
facendo tutti i papabili, mantenendo il paese in una ordinaria gestione precaria.
A circa un mese e mezzo
dalle elezioni i vincitori non vogliono ammettere di non aver vinto affatto e
di dover pertanto venire a patti con gli avversari.
Sulle spalle dei
cittadini ricadrà ovviamente l’onere di sopportare eventuali malfunzionamenti
di un governo (quale che sia) nato debole e pertanto non pienamente efficiente.
Tralasciamo commenti e previsioni,
già illustrati in precedenza, oggetto di lunghi e noiosi dibattiti, che ci
vengono propinati quotidianamente dai media e occupiamoci di un paio di problematiche
che interessano molti cittadini e la cui soluzione, da tutti i politici, a
qualsiasi livello, è ritenuta urgente e indispensabile e che permangono da
troppo tempo in una posizione di stallo.
Una prima osservazione coinvolge
il comune di Roma e il sistema di trasporto pubblico capitolino a cui sono
direttamente interessati circa cinque milioni di abitanti solo nell'area
metropolitana (non è poco!) e che ha, nel corso degli anni, prodotto passività
per alcuni miliardi.
Il problema è
primariamente di livello locale e in questo caso non vi sono deficienze di
poteri: sindaco, giunta e consiglio comunali sono in carica da tempo e si spera
pronti all'azione ed efficienti, ma nessun risultato (valido) è stato
raggiunto.
Avevamo esaminato tale
situazione nel mese di ottobre 2017 in merito alle problematiche del concordato ATAC, perché considerate le enormi
cifre in ballo, di fatto un risanamento dei debiti ed una virtuosa gestione del
comune porterebbero benefici avvertibili anche per i conti dello stato, ma
specialmente minori inconvenienti ed oneri per quei milioni di cittadini che
utilizzano il trasporto pubblico.
Tutti i politici, locali
e non, ed anche tutti i tecnici incaricati di esaminare la situazione, hanno
posto in evidenza che vi sono sprechi ed inefficienza in quasi tutti i reparti
aziendali e che, per quanto attiene ai ricavi, risulta evidente un mancato
introito dovuto al fatto che molti utenti utilizzano i mezzi pubblici senza
pagare il biglietto.
A tale proposito si
rileva che, a fronte dei circa duecentosessanta milioni di Euro incassati
annualmente dall'ATAC per la vendita dei biglietti ed abbonamenti, la
equivalente ATM (azienda dei trasporti locali di Milano) incassa circa
seicentocinquanta milioni, anche se statisticamente risulta trasportare un
numero di milanesi che è molto minore di quelli trasportati a Roma.
In teoria, se tutti
pagassero il dovuto, gli introiti ATAC dovrebbero crescere almeno di circa
duecento milioni.
Gli attuali responsabili
della gestione assicurano di aver aumentato i controlli con lo scopo di
combattere con più decisione il fenomeno, sanzionando con elevate multe i non
paganti, ma i risultati non sono eccellenti.
Perché allora non cercare
di risolvere definitivamente il problema riproponendo il vecchio sistema del secondo
dipendente (controllore, bigliettaio o vigilante che dir si voglia) a bordo?
Si potrebbero riciclare
con questa (vecchia) mansione alcuni esuberi di personale amministrativo ed
assumere numerosi disoccupati. Vediamo i numeri!
Se quotidianamente
circolano sulle strade romane non più di duemila tra autobus e tram (in realtà
si è parlato di soli millecinquecento viste le soste forzate dovute alla
necessità di manutenere l’ormai obsoleto parco rotabile), bisognerebbe assumere
QUATTROMILA persone per assicurare la presenza a bordo del previsto personale
almeno durante due turni giornalieri.
Considerando un costo
annuo per lavoratore di quarantamila Euro si spenderebbero centosessantamilioni
a fronte degli oltre duecento di maggiori incassi previsti e si darebbe lavoro
a molti.
Secondo logica tale
provvedimento è ineccepibile, ma alcuni vi si oppongono ipotizzando addirittura
problematiche per l’incolumità del dipendente bigliettaio.
Ad oggi il controllo sui
titoli di viaggio viene svolto da almeno due o tre addetti che agiscono
contemporaneamente, se così si usa procedere per un reale problema di
sicurezza, per garantirla bisogna intervenire senza indugi, a livello locale e/o
nazionale (altrimenti tutto il sistema Italia, limitato dai delinquenti e
violenti non potrà mai funzionare).
La seconda osservazione
riguarda la enorme farraginosità della burocrazia che rende difficile i rapporti
fra cittadini e stato ed impedisce un rapido sviluppo economico e sociale.
Anche questo problema
viene da tutti riconosciuto grave ed urgentissimo, ma di fatto ben poco è stato
fatto o viene proposto.
I politici sembra vogliano,
anche se dicono il contrario, mantenere il tipo di organizzazione burocratica a
suo tempo prevista senza procedere a vere e proprie modifiche di principio e
sostanziali.
Sempre e anche di recente,
tutti hanno affermato che, indipendentemente dalla tipologia e valenza di un
futuro governo (di scopo, di transizione o effettivo) bisogna subito abolire
lentezza e farraginosità amministrative - burocratiche.
Dal contenuto delle
dichiarazioni e delle interviste risulta peraltro che quasi tutti i nostri
attuali e futuribili governanti non abbiano correttamente orientato la loro
volontà di intervenire.
In effetti, al contrario
di quanto asserito nelle stesse interviste e dichiarazioni di chi ci governa o
ci governerà, non si può considerare quale progresso verso lo snellimento della
burocrazia il fatto che sia finalmente possibile richiedere e/o ottenere per
via telematica alcune delle decine di certificazioni e/o autorizzazioni
sottostanti, sempre necessarie per concludere un qualsiasi procedimento
burocratico.
Serve ridare più fiducia al
rapporto cittadino – stato, maggiori oneri agli stessi burocrati (oggi di fatto
deresponsabilizzati) e assoluta validità a tutte le forme di autocertificazione
(ovviamente a fronte di idonee ed effettive sanzioni per chi certifica
falsamente).
In attesa dell’ormai
famigerato nuovo governo, per ora, tutto ciò che dovrebbe subito ed organicamente
essere realizzato, resta al punto di partenza ed i problemi contingenti non
dilazionabili vengono risolti con provvedimenti presi da chi è dimissionario.
Si noti che un
legislatore dimissionario di certo non può legiferare tenendo conto di un
futuro contesto programmatico logico e coerente, questo sarà FORSE possibile
solo se vi sarà una nuova e valida compagine governativa che si dedichi a
gestire responsabilmente il paese per più anni.
Possiamo continuare a
lungo in questa situazione?