In una precedente nota (Politicaeconomica, verità e fantasie) abbiamo esaminato la situazione
delle finanze italiane con particolare riguardo ai rapporti tra la nostra
economia nazionale e quella europea.
Gli ultimi accadimenti
hanno reso necessario prendere in seria considerazione quanto in campo
economico sta accadendo in ambito mondiale.
La nuova politica
americana, quella voluta dal presidente Trump, che minaccia ed applica
provvedimenti protezionistici, preoccupa non poco l’Italia e i partner comunitari.
In effetti la cosiddetta
economia globale si sta trasformando in una economia non più libera, ma
regolata attraverso la imposizione, da parte di sempre più numerosi paesi, di
dazi di varia entità su molte merci e materie prime che fino ad oggi venivano
commercializzate, senza specifici limiti e/o balzelli, tra le varie nazioni.
In merito lo stesso
ministro Tria ha chiaramente accennato al fatto che le finanze dell’Italia
potrebbero essere danneggiate se l’America ed il resto del mondo continuassero
a perseguire un percorso di tipo protezionista.
La imposizione da parte
delle dogane statunitensi di un dazio del venticinque per cento sulle
importazioni di prodotti siderurgici ed alluminosi ha dato il via ad una serie
di azioni e reazioni da parte di tutte le nazioni che esportano in grande o
piccola quantità tali prodotti.
La Cina ha imposto, per
ritorsione, una tassa sulle importazioni di granaglie, suini ed altri prodotti
alimentari provenienti dagli U.S.A.
Altri paesi, fra cui
anche il nostro, hanno provveduto a controbattere prendendo di mira prodotti
tipici dell’export americano (ad esempio motociclette e Whiskey).
Senza ricorrere a
complessi calcoli macroeconomici, con relativi diagrammi ed altro, si espone
semplicemente cosa accade e cosa potrebbe accadere.
I consumatori americani
hanno da sempre importato una immensa quantità di prodotti da tutto il mondo
senza preoccuparsi del fatto che così facendo la bilancia dei pagamenti (tra
esportazioni e importazioni) continuava ad essere fortemente sbilanciata a loro
sfavore, Trump, seguendo il proprio principio (America first), vuole
riequilibrare tale sbilancio.
Per questo ha deciso di
applicare notevoli dazi doganali su alcune merci importate, nel tentativo di
rendere più competitivo l’acquisto dei medesimi prodotti fabbricati in territorio
americano e ha dichiarato di voler estendere tali provvedimenti, se necessario,
a molte altre categorie merceologiche.
Certamente a causa dei
dazi doganali aumenteranno i costi delle merci italiane esportate negli U.S.A.,
ne deriverà una riduzione dei consumi e quindi, una minor mole di esportazioni dall'Italia
con conseguente diminuzione di produzione e di PIL.
Da sempre il mercato
americano ha assorbito grandi quantità di prodotti italiani, mentre il mercato
italiano consuma ben pochi manufatti fabbricati in America e questo rende
ininfluenti eventuali ritorsioni (nuovi dazi sulla importazione di prodotti
statunitensi).
Per un paese come il
nostro, che a causa della scarsità di materie prime è costretto ad importarne
in gran quantità allo scopo di lavorarle, per poi rivenderle sotto forma di
prodotti finiti, la imposizione di dazi o vincoli alla libera circolazione di
materie e merci sarebbe una vera iattura.
Purtroppo non tutti si
rendono conto che ormai è impossibile tornare indietro ed i principi della
libera circolazione dei beni e della conseguente globalizzazione dell’economia
non possono più essere disattesi.
Eppure in Italia ed in
Europa vi sono molti politici che ritengono utile favorire, nei rapporti
commerciali internazionali, la applicazione di misure protezionistiche per
salvaguardare i particolari interessi di alcune lobby.
Rientra nell'ambito delle
politiche protezioniste di alcuni partner europei anche la volontà di non
rispettare gli accordi di Schengen sulla libera circolazione dei cittadini tra
gli stati, magari con la scusa di voler evitare il pericolo costituito dal
terrorismo internazionale o dai clandestini.
È doveroso chiarire che
continuando a cercare di proteggere lo status quo (l’attuale assetto monetario,
commerciale, politico, economico in genere ecc.) senza dedicarsi con
altrettanta o maggiore energia ad operare per lo sviluppo e progresso di tutti,
il mondo cosiddetto occidentale rischia di entrare in grave crisi globale.