mercoledì 18 luglio 2018

Soldi, money, argent


In una precedente nota (Politicaeconomica, verità e fantasie) abbiamo esaminato la situazione delle finanze italiane con particolare riguardo ai rapporti tra la nostra economia nazionale e quella europea.

Gli ultimi accadimenti hanno reso necessario prendere in seria considerazione quanto in campo economico sta accadendo in ambito mondiale.

La nuova politica americana, quella voluta dal presidente Trump, che minaccia ed applica provvedimenti protezionistici, preoccupa non poco l’Italia e i partner comunitari.

In effetti la cosiddetta economia globale si sta trasformando in una economia non più libera, ma regolata attraverso la imposizione, da parte di sempre più numerosi paesi, di dazi di varia entità su molte merci e materie prime che fino ad oggi venivano commercializzate, senza specifici limiti e/o balzelli, tra le varie nazioni.

In merito lo stesso ministro Tria ha chiaramente accennato al fatto che le finanze dell’Italia potrebbero essere danneggiate se l’America ed il resto del mondo continuassero a perseguire un percorso di tipo protezionista.

La imposizione da parte delle dogane statunitensi di un dazio del venticinque per cento sulle importazioni di prodotti siderurgici ed alluminosi ha dato il via ad una serie di azioni e reazioni da parte di tutte le nazioni che esportano in grande o piccola quantità tali prodotti.

La Cina ha imposto, per ritorsione, una tassa sulle importazioni di granaglie, suini ed altri prodotti alimentari provenienti dagli U.S.A.

Altri paesi, fra cui anche il nostro, hanno provveduto a controbattere prendendo di mira prodotti tipici dell’export americano (ad esempio motociclette e Whiskey).

Senza ricorrere a complessi calcoli macroeconomici, con relativi diagrammi ed altro, si espone semplicemente cosa accade e cosa potrebbe accadere.

I consumatori americani hanno da sempre importato una immensa quantità di prodotti da tutto il mondo senza preoccuparsi del fatto che così facendo la bilancia dei pagamenti (tra esportazioni e importazioni) continuava ad essere fortemente sbilanciata a loro sfavore, Trump, seguendo il proprio principio (America first), vuole riequilibrare tale sbilancio.

Per questo ha deciso di applicare notevoli dazi doganali su alcune merci importate, nel tentativo di rendere più competitivo l’acquisto dei medesimi prodotti fabbricati in territorio americano e ha dichiarato di voler estendere tali provvedimenti, se necessario, a molte altre categorie merceologiche.

Certamente a causa dei dazi doganali aumenteranno i costi delle merci italiane esportate negli U.S.A., ne deriverà una riduzione dei consumi e quindi, una minor mole di esportazioni dall'Italia con conseguente diminuzione di produzione e di PIL.

Da sempre il mercato americano ha assorbito grandi quantità di prodotti italiani, mentre il mercato italiano consuma ben pochi manufatti fabbricati in America e questo rende ininfluenti eventuali ritorsioni (nuovi dazi sulla importazione di prodotti statunitensi).

Per un paese come il nostro, che a causa della scarsità di materie prime è costretto ad importarne in gran quantità allo scopo di lavorarle, per poi rivenderle sotto forma di prodotti finiti, la imposizione di dazi o vincoli alla libera circolazione di materie e merci sarebbe una vera iattura.

Purtroppo non tutti si rendono conto che ormai è impossibile tornare indietro ed i principi della libera circolazione dei beni e della conseguente globalizzazione dell’economia non possono più essere disattesi.

Eppure in Italia ed in Europa vi sono molti politici che ritengono utile favorire, nei rapporti commerciali internazionali, la applicazione di misure protezionistiche per salvaguardare i particolari interessi di alcune lobby.

Rientra nell'ambito delle politiche protezioniste di alcuni partner europei anche la volontà di non rispettare gli accordi di Schengen sulla libera circolazione dei cittadini tra gli stati, magari con la scusa di voler evitare il pericolo costituito dal terrorismo internazionale o dai clandestini.

È doveroso chiarire che continuando a cercare di proteggere lo status quo (l’attuale assetto monetario, commerciale, politico, economico in genere ecc.) senza dedicarsi con altrettanta o maggiore energia ad operare per lo sviluppo e progresso di tutti, il mondo cosiddetto occidentale rischia di entrare in grave crisi globale.