mercoledì 28 novembre 2018

Programmi economici 2018 e 2019 dubbi



Da più giorni tutta la politica italiana sembra si sia concentrata nel tentativo di risolvere in qualche modo la problematica dei programmi economici 2018-2019 e relativi rapporti economici con l’Europa, che ha stigmatizzato come incauti, irreali ed impossibili da accettare i provvedimenti finanziari previsti nel DEF che secondo prassi è stato sottoposto alla approvazione comunitaria.

Il governo, come già rilevato in un precedente commento (problemi politici e di soldi) sta giocando una partita a poker con lo scopo di ottenere una improbabile approvazione delle proprie tesi e determinazioni; i media, affascinati dal braccio di ferro che lo stesso governo sta portando avanti nei confronti degli organi comunitari, si dilungano nel descrivere ogni mossa senza peraltro inquadrarne la realtà.

Dall’esame di quello che viene posto alla attenzione del comune cittadino si può anche vagamente intuire che, nei confronti dell’Europa, la situazione oggettiva in cui si trova il presidente del consiglio italiano è quanto meno simile a quella in cui, non molto tempo fa, si è venuto a trovare il leader della Grecia. 

Quest’ultimo, malgrado fosse sostenuto da una effettiva e diretta volontà popolare espressa con apposito referendum, ha dovuto alla fine cedere e seguire alla lettera i diktat dell’Europa.

Forse non è affatto chiaro che a fronte delle motivazioni e delle aspettative sociali (anche se legittime) degli italiani si contrappone la realtà, purtroppo ineluttabile, delle cifre.

Si osservi che una eventuale procedura di infrazione promossa dagli organismi europei potrebbe persino compromettere la stabilità finanziaria dell’Italia.

I partiti di opposizione si dichiarano (vivissimamente) preoccupati per tale evenienza e si appellano alla responsabilità dei leader in carica affinché adeguino la manovra di bilancio ai desiderata europei.

Di fatto le conseguenze di detta procedura di infrazione prevedono:
-         Il taglio dei fondi strutturali che l’Europa mette a nostra disposizione (circa 73 miliardi in sette anni, ovvero 10 miliardi annui)
-         il pagamento di una sanzione dello 0,2% del PIL (circa 4 miliardi)
-         l’obbligo di una riduzione dello 0,5% del deficit strutturale in tre mesi (stima: meno di 1 miliardo)
-         riduzione di un ventesimo della parte eccedente il 60% del PIL nel corso di tre anni di fila (circa 9 miliardi)
tutti questi oneri potrebbero costringere gli italiani a soggiacere ad un regime di austerity ed a dover essere costretti a sopportare l’intervento della famigerata troika.

Pur di attuare, almeno in parte, alcuni dei provvedimenti promessi in sede elettorale e previsti nel contratto di governo, la attuale maggioranza sta rischiando di vedere condannata l’Italia a subire quanto sopra specificato.

Forse è troppo alto il prezzo da pagare per tener fede, subito o nell’immediato futuro, ai propri impegni e non è stato a suo tempo ben specificato ai cittadini elettori che per attuare il promesso programma si sarebbe potuta verificare la necessità di pagare così tanto.

Forse gli attuali detentori della maggioranza si sono arrogati il diritto di utilizzare il loro potere (un poco) oltre i limiti della delega ricevuta o comunque gli elettori non avrebbero così votato se avessero avuto contezza della possibilità dell’insorgenza di una concreta situazione di pericolo per il benessere economico di tutti.

Forse è eccessiva l’estrema fiducia che il presidente del consiglio dei ministri (Conte) e gli altri membri della maggioranza (Di Maio e Salvini) hanno nella reale possibilità di ottenere un concreto e sostanziale sviluppo e relativa crescita del PIL attraverso la manovra finanziaria presente nel DEF, ritenuta inidonea dagli organismi europei.

Forse sarebbe stato opportuno, porre mano, prima alla spending review (opportunamente presente nel programma di governo) con la cui attuazione, secondo precedenti studi, si potrebbero ottenere potenziali risparmi per alcune decine di miliardi, limitandosi poi a verificare quanto effettivamente risultasse necessario indebitarsi per attuare il resto. 

Forse la imminenza delle prossime elezioni politiche europee condiziona eccessivamente la priorità delle decisioni che vengono assunte dai partiti.

Forse in questo momento l’economia globale mostra eccessiva tendenza alla regressione e pertanto sarà molto più difficile realizzare i punti del contratto di governo così come previsti.

Certamente tutte le dichiarazioni, i programmi economici, le determinazioni legislative si devono confrontare con tale regressione economica ed al momento tutto è alquanto confuso.

Forse i giocatori di poker di cui sopra ce la faranno, forse no, nel frattempo noi comuni cittadini non possiamo che pensare ancora una volta: io speriamo che me la cavo!!!