Da più giorni tutta la
politica italiana sembra si sia concentrata nel tentativo di risolvere in
qualche modo la problematica dei programmi economici 2018-2019 e relativi rapporti economici con l’Europa, che ha
stigmatizzato come incauti, irreali ed impossibili da accettare i provvedimenti
finanziari previsti nel DEF che secondo prassi è stato sottoposto alla
approvazione comunitaria.
Il governo, come già rilevato
in un precedente commento (problemi politici e di soldi)
sta giocando una partita a poker con lo scopo di ottenere una improbabile
approvazione delle proprie tesi e determinazioni; i media, affascinati dal
braccio di ferro che lo stesso governo sta portando avanti nei confronti degli
organi comunitari, si dilungano nel descrivere ogni mossa senza peraltro inquadrarne
la realtà.
Dall’esame di quello che
viene posto alla attenzione del comune cittadino si può anche vagamente intuire
che, nei confronti dell’Europa, la situazione oggettiva in cui si trova il presidente
del consiglio italiano è quanto meno simile a quella in cui, non molto tempo fa,
si è venuto a trovare il leader della Grecia.
Quest’ultimo, malgrado fosse
sostenuto da una effettiva e diretta volontà popolare espressa con apposito
referendum, ha dovuto alla fine cedere e seguire alla lettera i diktat dell’Europa.
Forse non è affatto chiaro
che a fronte delle motivazioni e delle aspettative sociali (anche se legittime)
degli italiani si contrappone la realtà, purtroppo ineluttabile, delle cifre.
Si osservi che una eventuale
procedura di infrazione promossa dagli organismi europei potrebbe persino
compromettere la stabilità finanziaria dell’Italia.
I partiti di opposizione
si dichiarano (vivissimamente) preoccupati per tale evenienza e si appellano
alla responsabilità dei leader in carica affinché adeguino la manovra di bilancio
ai desiderata europei.
Di fatto le conseguenze di
detta procedura di infrazione prevedono:
-
Il taglio dei fondi strutturali che l’Europa
mette a nostra disposizione (circa 73 miliardi in sette anni, ovvero 10
miliardi annui)
-
il pagamento di una sanzione dello 0,2%
del PIL (circa 4 miliardi)
-
l’obbligo di una riduzione dello 0,5% del
deficit strutturale in tre mesi (stima: meno di 1 miliardo)
-
riduzione di un ventesimo della parte
eccedente il 60% del PIL nel corso di tre anni di fila (circa 9 miliardi)
tutti questi oneri potrebbero
costringere gli italiani a soggiacere ad un regime di austerity ed a dover
essere costretti a sopportare l’intervento della famigerata troika.
Pur di attuare, almeno in
parte, alcuni dei provvedimenti promessi in sede elettorale e previsti nel
contratto di governo, la attuale maggioranza sta rischiando di vedere
condannata l’Italia a subire quanto sopra specificato.
Forse è troppo alto il
prezzo da pagare per tener fede, subito o nell’immediato futuro, ai propri
impegni e non è stato a suo tempo ben specificato ai cittadini elettori che per
attuare il promesso programma si sarebbe potuta verificare la necessità di
pagare così tanto.
Forse gli attuali
detentori della maggioranza si sono arrogati il diritto di utilizzare il loro
potere (un poco) oltre i limiti della delega ricevuta o comunque gli elettori
non avrebbero così votato se avessero avuto contezza della possibilità dell’insorgenza
di una concreta situazione di pericolo per il benessere economico di tutti.
Forse è eccessiva l’estrema
fiducia che il presidente del consiglio dei ministri (Conte) e gli altri membri
della maggioranza (Di Maio e Salvini) hanno nella reale possibilità di ottenere
un concreto e sostanziale sviluppo e relativa crescita del PIL attraverso la
manovra finanziaria presente nel DEF, ritenuta inidonea dagli organismi europei.
Forse sarebbe stato
opportuno, porre mano, prima alla spending review (opportunamente presente nel programma
di governo) con la cui attuazione, secondo precedenti studi, si potrebbero
ottenere potenziali risparmi per alcune decine di miliardi, limitandosi poi a verificare
quanto effettivamente risultasse necessario indebitarsi per attuare il resto.
Forse la imminenza delle
prossime elezioni politiche europee condiziona eccessivamente la priorità delle
decisioni che vengono assunte dai partiti.
Forse in questo momento l’economia
globale mostra eccessiva tendenza alla regressione e pertanto sarà molto più
difficile realizzare i punti del contratto di governo così come previsti.
Certamente tutte le
dichiarazioni, i programmi economici, le determinazioni legislative si devono
confrontare con tale regressione economica ed al momento tutto è alquanto
confuso.
Forse i giocatori di
poker di cui sopra ce la faranno, forse no, nel frattempo noi comuni cittadini
non possiamo che pensare ancora una volta: io speriamo che me la cavo!!!